Viaggio nella Tavola di Smeraldo tra Protochimica e Filosofia Ermetica
Origini, significato e attualità
by Arthea, (Elena Frasca Odorizzi)
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Indice del Saggio:
1. Le Origini della Tavola di Smeraldo.
2. La Leggenda del Ritrovamento e la Figura di Ermete Trismegisto.
3. Il Testo in latino e le sue Traduzioni.
4. Significato e Attualità della Tavola di Smeraldo
5. L‘Analisi del Testo o Commento.
6. Il V.I.T.R.I.O.L. e la Tabula Smaragdina Hermetis
7. Appendice: Altre due Tavole attribuite al Padre dell’Alchimia, la Tavola di Rubino e le 12 Tavole di Thot.
LE ORIGINI DELLA TAVOLA DI SMERALDO
La più antica versione della Tabula Smaragdina fu pubblicata intorno all’825 d.C., sotto il Califfato Abbaside di al-Ma’mūn1. Si trovava alla fine del Kitāb Sirr al-ḫalïqa, un testo arabo che, tra il 1140 e il 1250, fu tradotto in latino con il nome di Liber de secretis naturae (il Libro dei Segreti della Creazione) da due studiosi operanti in Spagna, Giovanni di Siviglia e Ugo di Santalla2. Il vero autore della Tabula e il presunto originale greco-siriano restano a tutt’oggi sconosciuti, anche se la Tradizione ne attribuisce la scoperta ad Apollonio di Tyana, un filosofo greco Neopitagorico del I secolo d.C., che gli Antichi consideravano un “Santo Pagano3” e gli arabi chiamavano Bālinūs4.
LA LEGGENDA del RITROVAMENTO
Il Kitāb Sirr al-ḫalïqa si apre «con un’ampia trattazione sull’origine della realtà creata, «che presenta importanti elementi di affinità fra le dinamiche di formazione del macrocosmo e i processi alchemici5» e si chiude con la Tavola Smeraldina, un breve e lapidario componimento, quasi aforistico, il cui scopo è quello di riassumere e fissare questo parallelismo. La Tabula, a sua volta, è introdotta da un breve preambolo romanzato, nel quale si narra in che modo fu trovata:
Entrando in una cripta sotterranea, trovai una tavola di Smeraldo fra le mani di Ermete; su questa tavola era scritta la Verità racchiusa in queste parole6.
Questo prologo è rimasto parte integrante del testo anche nelle successive pubblicazioni, pur subendo nel tempo varie modifiche narrative, che si sono evolute di pari passo con la trasformazione della figura di Ermete Trismegisto da Divinità Egizia a Profeta Pagano. Sembrerà strano, ma in queste poche parole sono contenuti i più importanti principi della Tradizione Ermetica dei primi secoli dopo Cristo, grazie ai quali la Tabula poté facilmente affermarsi tra gli studiosi medievali, islamici e cristiani.
La Filosofia Ermetica apparve tra il II e il III secolo d.C. sotto forma di un complesso di dottrine mistico-religiose e filosofiche elaborate da vari autori rimasti anonimi (molto probabilmente greci immigrati in Egitto), che attribuirono la stesura dei loro libri a Ermete Trismegisto. Si trattava di un insieme di teorie cosmico-astrologiche derivate dalle conoscenze dei Magi Iranici, mescolate alle leggende magico-religiose degli Egiziani, infarcite di elementi di Filosofia e Teurgia Neoplatonica, con tracce di Neopitagorismo e credenze Gnostiche di matrice ebraico-cristiana. In uno dei testi ermetici più famosi, la Kore Kosmou (la Fanciulla del Cosmo) si racconta che Ermete, dopo aver inventato la Scrittura la usò per incidere le sue Conoscenze su delle stelai7, che poi nascose in attesa che fossero ritrovate dalle generazioni future:
[Ermete] Vide l’insieme delle cose e, avendo visto, comprese, e avendo compreso, ebbe il potere di rivelare e di mostrare. Le cose che egli conobbe, le incise, e avendole incise, le nascose. E per meglio amarle, impose sulla maggior parte di esse il silenzio8, in modo che ogni generazione venuta al mondo, in seguito dovesse cercarle9.
Nel tardo periodo ellenistico-romano le storie riguardanti l’occultamento di Libri Sacri dentro Cripte e Sepolcri da parte di personaggi semidivini divenne una tematica dominante tra coloro che si dedicavano alla ricerca della Conoscenza. Molti, tra cui l’Alchimista Olimpiodoro10 (412 – ?), erano convinti che i misteriosi caratteri geroglifici incisi sui Sarcofagi, sugli Obelischi e sulle Stelai Egizie, celassero una grande Sapienza perduta, destinata a coloro che fossero riusciti a decifrarli11. Secondo il Neoplatonico Giamblico, (245-325 d.C.) gli stessi Platone e Pitagora erano riusciti a leggere le misteriose stelai di Ermete, ricavando da queste le loro conoscenze12.
Erano noti anche altri Sapienti che avevano affidato il loro sapere a “tavole” e “pilastri”. Il più importante di questi era Zoroastro, profeta mistico mesopotamico, che si diceva avesse fondato la scienza delle stelle a Babilonia e avesse elevato «14 pilastri, 7 di bronzo e 7 di mattoni», su cui aveva trascritto le Arti Liberali «così da conservarle a uso della posterità nell’eventualità di un diluvio13».
Anello di congiunzione culturale tra le concezioni mistico-astrologiche Mesopotamiche e quelle alchemiche Egizie, sembra essere stato un personaggio pseudostorico, l’alchimista greco Bolo-Democrito14.
Secondo la leggenda, lo Pseudo-Democrito, per poter completare la sua formazione, arrivò a evocare dall’Aldilà lo spirito del suo Maestro Ostane, un Mago iranico la cui autorità era considerata al pari di quella di Zoroastro. Ostane gli rispose di cercare i Libri, a lui appartenuti quando era vivo, nel Tempio, ma Democrito non trovò nessun testo, a parte poche parole che rappresentavano la sintesi di tutta la Scrittura, incise all’interno di una colonna che si spalancò miracolosamente nel mezzo15. Si racconta, che dopo quell’esperienza, anche Democrito decise di scrivere un’opera «su tavolette d’avorio e ordinò che fosse riposta nella sua tomba16».
L’anonimo autore della leggenda del ritrovamento della Tavola di Smeraldo utilizzò evidentemente queste stesse tematiche come espediente “letterario”, in modo da dimostrare l’incontestabile autorità del suo testo e lo fece sicuro di non incorrere in accuse di eresia o idolatria, dato che a quell’epoca Ermete Trismegisto non era più visto come un Dio, ma come un mitico Profeta civilizzatore17, inserito all’interno di una Genealogia di Sapienti, che si chiamavano tutti allo stesso modo, quasi che il nome Ermete fosse diventato una sorta di epiteto sacerdotale tramandato di generazione in generazione18.
FIGURA di ERMETE TRISMEGISTO
La lenta trasformazione del Dio Thot-Theuth19, da Somma Divinità Egizia a Supremo Filosofo e Scienziato della Natura20, iniziò in epoca ellenistica con l’identificazione del Dio Greco Hermes con il Dio Egizio della Conoscenza. Successivamente, in epoca alessandrina, i primi Alchimisti elessero questa versione grecizzata del Dio Thot a loro protettore, dandogli il nome di Ermete Trismegisto e rendendolo protagonista della maggior parte delle rivelazioni dottrinali contenute nei loro Testi, detti per questo motivo Ermetici.
I contenuti sapienziali di questi Libri influenzarono anche i più critici e intransigenti tra gli evangelizzatori cristiani, al punto che l’apologeta Tertulliano (155- 230 d.C.) arrivò a citare Ermete Trismegisto «come il maestro di tutti coloro che studiano la Natura (gli scienziati in genere)21», mentre il suo collega Lattanzio (250-327 d.C.) lo pose tra i precursori del pensiero cristiano, in virtù della dimensione mistico-teologica delle dottrine contenute nei Libri a lui attribuiti. Sant’Agostino (354-430 d.C.), non particolarmente d’accordo con i suoi predecessori sull’importanza dottrinale dell’Ermetismo pagano, ne confermò comunque l’esistenza fornendogli una genealogia che lo vedeva contemporaneo di Mosè e discendente da «Atlante, il grande Astrologo, fratello di Prometeo, nonno materno del maggiore Mercurio, il cui nipote fu il famoso Mercurio Trismegisto22».
La figura di Ermete e del suo nuovo albero genealogico vennero ulteriormente manipolate tra l’VIII e il IX secolo, proprio quando la Tavola di Smeraldo venne redatta. Lo storico bizantino Giorgio Sincello ( ? – dopo l’810 d.C.), citando impropriamente Manetone, sacerdote egizio del III secolo a.C., spiegò che erano esistiti due Ermete, il primo si chiamava Thoth e visse prima del diluvio, mentre il secondo prese il nome di Ermete Trismegisto:
All’epoca di Tolomeo Filadelfo egli [Manetone] fu nominato Sommo Sacerdote dei templi pagani dell’Egitto e scrisse in base a iscrizioni nella Terra Seriadica [Egitto] che erano state fatte, come egli afferma, in linguaggio sacro e con i santi caratteri di Thot il Primo Ermete e tradotte dopo il Diluvio in geroglifici. Quando l’opera fu disposta in Libri da Agatodemone, figlio del secondo Ermete [Trismegisto] e padre di Tat, nei santuari d’Egitto23.
Nello stesso periodo, il filosofo, astronomo e matematico persiano Abu Ma`shar, (787-887) redasse un’altra genealogia nella quale tre distinti personaggi, secolo dopo secolo, avevano ereditato l’uno dall’altro il nome e le conoscenze di Ermete: il primo Ermete, vissuto prima del diluvio, non era un Dio, ma un mitico Civilizzatore della razza umana, di nome Thot, che aveva insegnato agli Egiziani la scrittura geroglifica e a costruire le piramidi; il secondo Ermete, vissuto a Babilonia dopo il diluvio, era stato un maestro in medicina, in filosofia e in matematica e aveva iniziato addirittura Pitagora; il terzo e ultimo Ermete, continuando la missione dei suoi predecessori, aveva edotto l’Umanità nelle scienze occulte e nell’Alchimia.
Nella creazione e nella diffusione dell’idea di un Ermete Trismegisto Civilizzatore, si inseriscono anche le vicende di Harran, una misteriosa città siriana, che nel 651 d.C., venne conquistata dagli Arabi. Secondo le testimonianze di due storici musulmani, al-Ma‘sudi (IX secolo) e Abi Usaibi‘a (XIII secolo), in questa città trovarono rifugio i filosofi della Scuola Platonica di Atene, dopo la sua chiusura forzata del 529, per ordine dell’Imperatore Giustiniano, fanatico difensore dell’ortodossia cristiana. Questi Filosofi in fuga, trasferitasi prima ad Alessandria e poi ad Antiochia, arrivarono, alla fine, ad Harran, nell’odierna Turchia, dove fusero il loro pensiero con quello dei Sapienti del posto, eredi, a loro volta, dello Gnosticismo Egiziano e della tradizione Astrologica Babilonese. Ne nacque una commistione culturale che portò questa città a essere ricordata come: «il principale centro di diffusione della tradizione ermetica e viceversa, la tradizione ermetica il principale canale di diffusione delle notizie sugli Harraniani nella tradizione islamica e latina24».
La popolazione di Harran, passata indenne sotto l’occupazione dei Persiani, di Alessandro Magno e dei Romani, per un certo periodo di tempo riuscì a mantenere intatti i suoi culti astrali anche sotto il dominio Arabo. Fu permesso loro non solo di continuare a venerare le statue degli Dèi planetari25 e di praticare la Teurgia e la Magia Astrologica, ma anche di produrre di Talismani, Alambicchi e Astrolabi, questi ultimi essenziali alla religione islamica per stabilire l’ora delle cinque preghiere quotidiane. Quando, nel 992 d.C., furono costretti a convertirsi, per sfuggire all’accusa di ateismo decisero di farsi riconoscere come «ahl al kitab», “genti del Libro”, dichiarando di possedere anche loro un “Libro Sacro” rivelato da un Profeta-legislatore, che identificarono con Ermete Trismegisto, nel quale i Musulmani riconobbero il Profeta coranico Idris e l’ebraico Enoch26.
Assodato che Ermete Trismegisto altri non era che un antichissimo Maestro Spirituale, la storia del ritrovamento della Tabula si arricchì, secolo dopo secolo, di sempre nuovi elementi Biblici, provenienti dalla Genesi, l’unico e il solo testo di Cosmologia accettato dai popoli monoteisti, divenuti Padroni del Mondo antico.
Ne derivò una Leggenda parallela nella quale Ermete non era più l’Inventore dell’Alchimia, ma un “semplice” Divulgatore, perché il primato della scoperta era passato ad Adamo, il primo Essere Umano creato dal Dio degli Ebrei, dei Cristiani e dei Musulmani, progenitore della razza umana, che una volta scacciato dal Paradiso e rifugiatosi nella Valle di Hebron27, aveva scoperto tutte le Arti grazie alla scienza concessagli dal suo Padre Celeste28. I successori di Adamo (Enoch in primis, che come abbiamo visto era riconosciuto come uno degli Ermete esistiti) salvarono queste conoscenze dal Diluvio trascrivendole sopra delle Tavole, che per alcuni autori erano Sette come le Arti Liberali29, mentre per altri erano Due.
Noè riuscì a trovarne e salvarne Una, o forse di più30, ma in ogni caso, l’Ermete “postdiluviano31”, giunto (non si sa come, da dove, e perché) nella Valle di Hebron32, trovò tutte quelle che gli servivano e da esse derivò tutta la sua sapienza33, che poi trasmise all’Umanità condensandola nella Tavola Smeraldina.
La storia, da questo punto, si reinserisce nel tronco della Leggenda principale, perché la Tavola fu poi ritrovata in una caverna vicino a Hebron da una donna di nome Sara, che la prese dalle mani di Ermete «defunto»34. Per alcuni studiosi, questa variante era verosimile perché del tutto compatibile sia con i documenti biblici, che assimilavano Sara alla Moglie di Abramo35, sia con le fonti alchimistiche che attestavano l’esistenza di una Tradizione Alchimistica Ebraica, la cui più importante rappresentante era stata Maria l’Ebrea, sorella di Mosè36.
Lo studioso Arturo Reghini, (1878-1946), considerò, questa versione completamente illegittima, ritenendola una dimostrazione della progressiva deformazione dell’aggettivo smaragdi. Secondo lo studioso fiorentino l’errore di trascrizione di un anonimo copista aveva infatti trasformato la parola smaragdi in zaradi, poi qualcuno aveva tolto la -i finale (ritenendola un suffisso del genitivo) e con la conseguente caduta della dentale eufonica -d e un po’ di “suggestione sonora”, dal nome Zara si era arrivati al nome Sara. Per dimostrarlo riportò in un suo articolo un estratto di una copia del de Alchimia del 1692, nel quale Alessandro Magno37 era indicato come lo scopritore della Cripta di Ermete, mentre la Tavola di Smeraldo era indicata come Tabula Zaradi, invece di Smaragdi:
Alessandro il Grande nei suoi viaggi trovò il sepolcro di Ermete, padre di tutti i filosofi, pieno di tutti i tesori non metallici, ma di lettere auree, scritte nella tavola di Zarad, la quale scrittura è anche contenuta negli ultimi libri che Galeno compose…. 38.
Al di là delle osservazioni del Reghini, già all’inizio del XVII secolo i ricercatori avevano iniziato a mettere in discussione l’esistenza di Ermete Trismegisto e di conseguenza la validità stessa di molte teorie alchemiche.
Il filologo Isaac Casaubon, nel suo De rebus sacris et ecclesiasticis exercitationes XVI, del 1614, aveva dimostrato, su base critico-testuale, che il Corpus Hermeticum, tradotto da Marsilio Ficino nel 1463, risaliva al massimo ai primi secoli dell’era cristiana e quindi non poteva essere stato scritto da Ermete Trismegisto in persona. Il famoso studioso Athanasius Kircher (1602-1680) notò invece che la Tavola non si trovava citata prima del Medioevo, così come il riferimento ad Alessandro Magno . Comparandola poi con il Testi Ermetici dedusse che anche la Tavola di Smeraldo doveva essere della stessa epoca39.
La maggior parte degli Alchimisti continuò comunque a considerare queste rivelazioni irrilevanti, in parte perché, all’inizio queste notizie non ebbero una così rapida diffusione, in parte perché, alla fine per tutti contava la Dottrina e quindi il ritrovamento della Tabula poteva benissimo essere accettato come una suggestiva allegoria, il cui scopo era quello di mantenere vivo il messaggio alla base della storia, cioè che chiunque si fosse messo a cercare la “mitica cripta nascosta di Ermete”, avrebbe trovato nei testi alchemici le conoscenze necessarie a comprendere i segreti dell’antica Arte Trasmutatoria egizia.
Ciò che in realtà provocò una vera frattura tra Alchimisti, Spagiristi e i primi Chimici fu la pubblicazione, nel 1661, del Chimico Scettico di Robert Boyle, che segnò l’inizio della separazione tra le pratiche alchemiche empirico-filosofiche e quelle chimico scientifiche, cioè verificabili e riproducibili.
IL TESTO IN LATINO E LE SUE TRADUZIONI
Il testo della Tavola di Smeraldo, dalla sua “scoperta” in poi, è stato pubblicato e ripubblicato continuamente. Appare nel Segreto dei Segreti dello pseudo-Aristotele (XII secolo), nel de Alchimia dello pseudo-Alberto Magno (XIII secolo), nel De Secretissimo Philosophorum opere chemico del Trevisano (XV secolo) e nel Commentarium del misterioso Alchimista Hortolanus (XVI secolo). Venne tradotto e commentato anche dal filosofo francescano Ruggero Bacone (Doctor Mirabilis, 1214–1294), dall’Abate benedettino Trithemius (1462-1516 ), dal fisico Heinrich Khunrath, (1560-1605) che lo pubblicò sotto forma di illustrazione nell’Amphitheatrum Sapientiæ Æternæ40, dal medico Michael Maier (1568–1622), dal fisico Newton41, (1643-1727), dall’esoterista Eliphas Levi (1810-1875), dalla Teosofa Madame Blavatsky (1831 – 1891), dal misterioso Fulcanelli (fine XIX, metà XX secolo) e da Augusto Pancaldi (1918 – 1986), che nel suo libro Alchimia Pratica riporta il commento di Christoforo Enrico Keil del 1736.
Per quanto riguarda il testo usato in questo saggio ho scelto la Tavola di Smeraldo di Chrysogonus Polydorus, pseudonimo di Andreas Osiander (1498-1552), edita in Latino a Norimberga nel 1541 ed estratta dal De Alchimia :
TABVLA SMARAGDINA – HERMETIS TRISMEGISTI
Verum, sine mendacio, certum et uerissimum. Quod est inferius est sicut quod est superius. Et quod est superius est sicut quod est inferius, ad perpetranda miracula rei unius. Et sicut omnes res fuerunt ab uno, meditatione unius. Sic omnes res natae fuerunt ab hac una re, adaptatione. Pater eius est Sol, mater eius est Luna. Portauit illud uentus in uentre suo. Nutrix eius terra est. Pater omnis telesmi totius mundi est hic. Vis eius integra est, si uersa fuerit in terram. Separabis terram ab igne, subtile a spisso, suauiter, cum magno ingenio. Ascendit a terra in coelum, iterumque descendit in terram, et recipit uim superiorum et inferiorum. Sic habebis gloriam totius mundi. Ideo fugiat a te omnis obscuritas. Hic est totius fortitudinis fortitudo fortis; quia uincet omnem rem subtilem, omnemque solidam penetrabit. Sic mundus creatus est. Hinc erunt adaptationes mirabiles, quarum modus hic est. Itaque uocatus sum Hermes Trismegistus, habens tres partes philosophiæ totius mundi. Completum est quod dixi de operatione solis.
Le varie Traduzioni della Tabula, fatte nel tempo, divergono leggermente una dall’altra, per cui ho scelto di utilizzarne e confrontarne due: quella fatta da Sabina e Rosario Piccolini, che si trova nel 1° Volume di «Il Filo di Arianna, 42 trattati di Alchimia dall’Antichità al XVIII secolo42» e quella del filologo Febaroli, che si trova nella collezione Arcana Mundi, 2° Volume, Divinazione, Astrologia, Alchimia, basata sull’edizione del Kopp del 186943. Le due traduzioni divergono in alcune parti, ma d’altra parte non è facile tradurre un simile testo:
Traduzione Piccolini/Hortolanus.
È vero senza menzogna, certo e verissimo.
Ciò che è in basso è come ciò che è in alto, e ciò che è in alto è come ciò che è in basso, per fare i miracoli della cosa una.
E poiché tutte le cose sono e provengono da una, per la meditazione di una, così tutte le cose sono nate da questa cosa unica mediante adattamento.
Il Sole è suo padre, la Luna è sua madre, il Vento l’ha portata nel suo ventre, la Terra è la sua nutrice. Il Padre di tutto, il Telesma di tutto il mondo è qui; La sua forza o potenza è intera se essa è convertita in Terra.
Separerai la Terra dal Fuoco, il sottile dallo spesso, dolcemente e con grande industria. Sale dalla Terra al Cielo e nuovamente discende in Terra, e riceve la forza delle cose superiori e inferiori.
Con questo mezzo avrai la gloria di tutto il mondo e per mezzo di ciò l’oscurità fuggirà da te.
È la forza forte di ogni forza: perché vincerà ogni cosa sottile e penetrerà ogni cosa solida. Così è stato creato il mondo. Da ciò saranno e diverranno meravigliosi adattamenti, il cui metodo è qui.
È per ciò che sono stato chiamato Hermes Trismegisto, avendo le tre parti della filosofia di tutto il mondo. Ciò che ho detto dell’operazione del Sole è compiuto e perfetto.Traduzione Feberoli/Kopp
La verità è senza menzogna, è certa è autentica.
Ciò che è sotto è identico a ciò che è sopra e ciò che è sopra è identico a ciò che è sotto; questo permette di penetrare le meraviglie dell’unità.
Tutte le cose derivano da sempre dall’Uno, dal Logos dell’Uno; così tutte le cose sono state create dall’Uno, in conformità.
Suo padre è il Sole, sua madre la Luna. Il Vento lo portò nel suo grembo. La Terra è la sua nutrice. Costui è il padre di ogni realizzazione in tutto il mondo. Il suo potere è totale quando si è mutato in terra.
Separerai la terra dal fuoco, l’impalpabile dal compatto, ma con delicatezza e con grande attenzione. Sale dalla terra al cielo e poi ridiscende sulla terra, e associa il potere di quanto è sopra e di quanto è sotto.
Così avrai la gloria di tutto il mondo e ogni tenebra si allontanerà da te.
Questa potenza è potente più di tutta la potenza, perché dominerà ogni cosa impalpabile e penetrerà ogni cosa solida. Così il mondo fu creato. Da qui sorgeranno mirabili corrispondenze; questa è la loro regola.
Per questo io sono chiamato Ermete tre volte Grande, perché io governo le tre parti della saggezza del mondo tutto. Si è concluso quanto io ho detto circa l’azione del Sole.
SIGNIFICATO E ATTUALITÀ DELLA TABULA SMARAGDINA
Studiosi di ogni orientamento e di ogni epoca hanno cercato di comprendere l’enigmatico testo della Tabula Smaragdina, lasciando ai posteri il loro Commento.
Alcuni vi hanno visto un compendio di verità metafisiche, mentre altri una semplice ricetta per ricavare l’acido solforico dalla pirite (solfuro di ferro)1. Tutti quanti hanno probabilmente una parte di ragione, ma non vi è modo di provarlo, perché il testo non lo permette e le fonti storiche non sono sufficienti. Le uniche cose certe sono due: la prima è che la Tabula fu fatta conoscere al mondo da Djâbir Ibn Hayyân, il più grande alchimista arabo, che reintrodusse in Occidente l’Arte della Distillazione, la stessa di cui si parla nel libro; la seconda è che il Testo appare proprio alla fine di un’ampia trattazione sul meccanismo cosmico all’Origine della Realtà, come fosse una sorta di sintetico libretto di istruzioni teoriche ad uso dell’Alchimista che volesse riprodurre, in scala microcosmica, una sorta di Genesi in Provetta2.
Ciò che la Tabula può rivelarci in più non ha niente a che vedere con le reali intenzioni del suo anonimo autore, ma riguarda l’Ideologia alchemica stessa, che in una certa misura continua a influenzare il nostro mondo. Essa si ritrova tanto nelle Teorie Scientifiche con le quali cerchiamo di comprendere l’Origine dell’Universo, che in quelle Psicologiche, con cui proviamo a penetrare nei meccanismi reconditi dell’Anima umana. Lo Psicologo Carl Gustav Jung, per esempio, favorì la rinascita dell’Alchimia Spirituale in epoca moderna, grazie alla lettura dei Testi chimici e mistici di Zosimo di Panopoli, (fine III inizio IV d.C.):
Notai ben presto che la psicologia analitica concordava stranamente con l’alchimia. Le esperienze degli alchimisti erano, in un certo senso, le mie esperienze, e il loro mondo era il mio mondo. Naturalmente questa fu per me una scoperta importante: avevo trovato l’equivalente storico della mia psicologia dell’inconscio. Ora essa aveva un fondamento storico. La possibilità di un raffronto con l’alchimia, così come la continuità spirituale fino al lontano Gnosticismo, le davano la materia. Grazie allo studio di quei vecchi testi, tutto trovò il suo posto: il mondo simbolico delle fantasie, il materiale sperimentale raccolto nella mia attività professionale, e le conclusioni che ne avevo tratto. Adesso cominciavo a capire che cosa significassero i contenuti psichici alla luce di una prospettiva storica3.
Riguardo la specularità tra le Leggi che regolano l’infinitamente grande e quelle che agiscono nell’infinitamente piccolo, Paolo Maggi , in un articolo dal titolo Come in alto, così in basso, comparso su Officinae, ha recentemente scritto:
Ma cosa resta oggi del “come in alto, così in basso” nel patrimonio scientifico moderno? Molto più di quanto si potrebbe pensare. Non c’è dubbio che, dalla scoperta degli atomi, in poi, l’ipotesi che materia animata e inanimata, corpo umano e astri celesti, fossero costituiti dalle stesse strutture fondamentali, ha avuto una clamorosa conferma. Dunque, almeno nell’infinitamente piccolo, gli antichi filosofi hanno avuto ragione: tutto soggiace alle stesse leggi: le reazioni chimiche che avvengono nelle nostre cellule sono uguali a quelle che avvengono in qualsiasi parte dell’universo. Ma sembra che persino la parte della teoria micro-macrocosmica circondata da una sinistra aura di stregoneria, quella alla quale, con tutta la buona volontà, a molti di noi riesce davvero difficile credere, sia stata inaspettatamente rivalutata da alcune recenti teorie della fisica. Insomma, sembra proprio che eventi che accadono in una parte lontana del cosmo possano influenzare il resto del sistema senza che alcuna energia si trasmetta materialmente. È quanto afferma, ad esempio, il teorema di Bell. Anche David Bohm, nella sua teoria olonomica della fisica quantistica, ipotizza che ogni parte dell’universo possa improntarsi alle strutture e ai processi del tutto. Se questo fosse avvalorato, sarebbe come dire che aveva ragione Paracelso, quando sosteneva che ogni parte contiene il tutto. Del resto, Fritjof Capra, ne il Tao della Fisica aveva anticipato questa tendenza già alcuni anni fa. Dunque le ultime teorie scientifiche starebbero inaspettatamente rivalutando l’intero patrimonio di idee degli scienziati premoderni, tanto che David Roy Griffin parla di un “reincantesimo della scienza”4.
L’attualità del pensiero Alchemico è dunque evidente, ma ciò che purtroppo ci distingue dagli Alchimisti del passato è la perdita dell’Innocenza, cioè del senso del Sacro e della Morale all’interno della ricerca e dell’industria scientifica. Con queste premesse non possono sorgere che le peggiori aberrazioni, come spiegava il Chimico Helmut Gebelein già nei primi del novecento, il secolo che ha costruito e usato la bomba atomica:
[…] l’alchimia si distingue dalla scienze naturali per il modo in cui si rapporta alla natura. L’alchimia segue la natura, le scienze la sottomettono […] Nel 1758, in uno scritto di Antoine-Joseph Pernety (1716-1800/1) si legge: “In cosa consiste la differenza tra la comune chimica e la chimica ermetica (alchimia)? In questo: la prima è di fatto l’arte di distruggere i legami creati dalla natura, la seconda è l’arte di operare insieme alla natura per portarla a perfezione”. […] Jospeph Needham (1900-1995), studioso delle scienze cinesi tra cui l’alchimia, afferma: Quando dalla scienza venne scacciata l’etica, tutto cambiò e si fece più minaccioso … la scienza ha bisogno delle coordinare costituite dalle esperienze di carattere filosofico, storico ed estetico. Sola e isolata, può causare gravi danni … (può) annientare non solo l’umanità, ma ogni forma di vita sulla terra”5.
I responsabili di questa pericolosa frattura sono coloro che da Seguaci e Amanti della Natura6 ne sono voluti divenire Padroni e ci sono riusciti, come dice Mircea Eliade, trasformando se stessi e tutti gli altri in Schiavi del Tempo e del Lavoro.
Questi Brucia Carboni (in tutti i sensi) vendono Piombo (Petrolio) come fosse Oro, distruggendo vite innocenti e condannano il Mondo Intero all’impoverimento materiale e spirituale. Così facendo hanno fatto perdere alla Società Umana la capacità di comprendere e usare il Ritmo trasformativo della Natura, necessario a migliorare la qualità della vita interiore, dandole in cambio la ricerca ossessiva di un illusorio benessere esteriore, che non può riempire il vuoto esistenziale di cui è concausa.
Tanto più infatti ci allontaniamo da una visione Panteistica del mondo, tanto più l’Evoluzione si allontana da noi:
Allorché l’alchimia scompare dall’attualità storica, la totalità del suo sapere empirico, valido chimicamente, viene integrata nella chimica, ma non è in questa giovane scienza che bisogna cercare la sopravvivenza dell’ideologia degli alchimisti. […] l’ideologia della nuova epoca, coagulata intorno al mito di un progresso illimitato, accreditato dalle scienze sperimentali e dal processo di industrializzazione, questa ideologia che domina e ispira tutto il diciannovesimo secolo recupera e fa proprio, nonostante la sua radicale secolarizzazione, il sogno millenario dell’alchimista. È nel dogma caratteristico del diciannovesimo secolo, che la vera missione dell’uomo consista nel modificare, nel modificare, nel trasformare la Natura, che egli possa fare meglio e più in fretta di essa, che egli sia chiamato a diventare il suo signore, è in questo dogma, dunque, che bisogna cercare la ripresa autentica del sogno degli alchimisti. Il mito soteriologico del perfezionamento e, in prospettiva, della redenzione della Natura sopravvive, occultato nel programma patetico delle società industriali, che mirano alla “trasmutazione” totale della Natura, alla sua trasformazione in “energia”. Nel diciannovesimo secolo, dominato dalle scienze fisico-chimiche e dal decollo industriale, l’uomo giunge a sostituirsi al Tempo, nei suoi rapporti con la Natura. Si realizza allora, in proporzioni fino a quel momento inimmaginabili, il suo desiderio di precipitare i ritmi temporali, attraverso lo sfruttamento sempre più rapido ed efficace delle miniere, dei giacimenti di carbon fossile, delle risorse petrolifere; ed è soprattutto allora che la chimica organica, interamente mobilitata a forzare il segreto dei fondamenti organici della Vita, apre la via agli innumerevoli prodotti “sintetici”. […] Ed è noto fino a che punto la “preparazione sintetica della vita”, persino nell’umile forma di qualche cellula di protoplasma, fosse il sogno supremo della scienza durante tutta la seconda metà del diciannovesimo secolo fino ai primi anni del ventesimo, quello dell’omuncolo. […] La chimica ha raccolto solo insignificanti frammenti dell’eredità alchemica. Il nucleo di questa eredità si trova altrove, nelle ideologie letterarie di Balzac, di Victor Hugo, dei naturalisti, nei sistemi dell’economica politica capitalistica, liberale e marxista, nelle teologie secolarizzate del materialismo, del positivismo, del progresso infinito, ovunque insomma risplenda la fede nelle possibilità illimitate dell’homo faber, ovunque si manifesti il significato escatologico del lavoro, della tecnica, dello sfruttamento scientifico della Natura. […] L’Alchimia ha dato al mondo moderno molto più di una chimica rudimentale: gli ha trasmesso la sua fede nella trasmutazione della Natura e la sua ambizione di dominare il Tempo. Certo questa eredità è stata intesa e realizzata dall’uomo moderno su un piano ben diverso da quello dell’Alchimista. Questi si comportava ancora come l’uomo arcaico, per il quale la Natura era una fonte di ierofanie e il lavoro costituiva un rituale. Ma la scienza moderna si è potuta costituire solo attraverso una desacralizzazione della Natura; […] Le società industriali hanno perduto ogni rapporto con un lavoro liturgico, solidale ai riti dei mestieri. […] Pur sostituendosi al Tempo, l’alchimista si guardava bene dall’accettarne le regole; sognava di precipitare i ritmi temporali, di fare l’oro più velocemente della Natura, ma da buon filosofo o mistico che fosse l’alchimista aveva paura del Tempo, non si riconosceva come un essere essenzialmente temporale, aspirava alle beatitudini del Paradiso e sognava l’eternità, perseguiva l’immortalità, l’Elixir Vitae […] l’alchimista “dominava il Tempo” quando reiterava simbolicamente, nei suoi apparecchi, il caos primordiale e la cosmogonia e quando subiva la “morte e la resurrezione” iniziatiche. Ogni iniziazione era una vittoria sulla morte, cioè sulla temporalità; l’iniziato si proclamava “immortale”, si era forgiato un’esperienza post mortem che dichiarava indistruttibile. La tragica grandezza dell’uomo moderno è legata al fatto che, egli ha avuto l’audacia di assumere, nei confronti della Natura, il ruolo del Tempo. […] Ma non dobbiamo nasconderci il prezzo ineluttabile: non era possibile sostituirsi al Tempo senza condannarsi per ciò stesso implicitamente a identificarsi con esso, a svolgere il suo ruolo anche a proprio dispetto. L’opera del Tempo poteva essere sostituita solo dal lavoro intellettuale e manuale, anzi soprattutto manuale! Senza dubbio l’uomo è da sempre condannato al lavoro, ma c’è una differenza fondamentale: per fornire energia necessaria a realizzare i sogni e le ambizioni del diciannovesimo secolo, il lavoro si è dovuto secolarizzare. Per la prima volta nel corso della sua storia l’uomo ha assunto questo durissimo lavoro “per far meglio e più in fretta della Natura”, senza più disporre della dimensione liturgica che, in altre società, rendeva il lavoro sopportabile. E in questo lavoro definitivamente secolarizzato, lavoro allo stato puro, calcolato in ore e unità di energie spese, l’uomo percepisce nel modo più implacabile la durata temporale, la sua lentezza e il suo peso. […] egli si esaurisce in questo lavoro […] e poiché l’irreversibilità e la vacuità del Tempo sono divenute un dogma per tutto il mondo moderno, […] la temporalità assunta e sperimentata dall’uomo si traduce, sul piano filosofico, nella coscienza tragica della vanità dell’esistenza umana. […]. La desacralizzazione del lavoro costituisce in particolar modo una piaga aperta nel corpo delle società moderne. Nulla ci impedisce comunque di pensare che si possa produrre, in futuro, una nuova sacralizzazione […] a concezione che si inauguri una più corretta concezione del tempo7.
L’ANALISI DEL TESTO o “COMMENTO”
Nel corso dei secoli, la Tabula è stata studiata usando sostanzialmente tre metodi: 1) l’analisi rigorosamente filosofico-scientifica, 2) l’approccio analogico–esoterico, 3) una sorta di “Via di Mezzo” alla quale cercherò di attenermi anche io.
Dal Testo latino non è possibile capire in quanti “versi” vada suddivisa la Tabula, motivo per cui alcuni studiosi scelgono una numerazione fittizia, fondata su arbitrari significati magico-simbolici, mentre altri la dividono in frasi di senso compiuto considerando le prime righe una sorta di introduzione per impressionare il lettore e le ultime una sintetica ricapitolazione8. Nella mia analisi mi sono limitata a rispettare la ripartizione operata nelle traduzioni che ho scelto.
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A) VERUM, SINE MENDACIO, CERTUM ET UERISSIMUM.
A1) È vero senza menzogna, certo e verissimo.
A2) La verità è senza menzogna, è certa è autentica.
Ermete ci introduce ai suoi insegnamenti in modo autoritario, con la risolutezza di chi è convinto di poter convincere chiunque abbia dei dubbi9. L’alchimista Hortolanus, nel suo Commento alla Tabula, ci spiega infatti che Ermete non ci chiede un atto di Fede, ma di sperimentare noi stessi ciò che Egli dice. La Verità di cui parla è tale perché è è dimostrabile con i fatti:
Il Filosofo [Ermete] dice: È vero, cioè che l’Arte d’Alchimia ci è stata data, senza menzogna, dice ciò per convincere quelli che dicono essere la Scienza menzognera cioè falsa. Certo, cioè sperimentato, perché tutto ciò che è sperimentato è certissimo. […] Dice verissimo al superlativo, perché il Sole generato con quest’Arte sorpassa tutto il Sole naturale in tutte le proprietà, sia medicinali che altre10.»
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B) QUOD EST INFERIUS EST SICUT QUOD EST SUPERIUS. ET QUOD EST SUPERIUS EST SICUT QUOD EST INFERIUS, AD PERPETRANDA MIRACULA REI UNIUS.
B1) Ciò che è in basso è come ciò che è in alto, e ciò che è in alto è come ciò che è in basso, per fare i miracoli della cosa una.
B2) Ciò che è sotto è identico a ciò che è sopra e ciò che è sopra è identico a ciò che è sotto; questo permette di penetrare le meraviglie dell’unità.
Questa frase è la Chiave di tutto il Testo e di tutta la Filosofia Alchemica. Possiamo definirla una sorta di Meme o di tormentone, per la sua capacità ad “auto-propagarsi” come un Mantra anche attraverso chi non abbia mai letto per intero la Tavola di Smeraldo. Secondo il Luck, questa espressione traduce in linguaggio, il significato dell’immagine ricircolante dell’Ouroboros11, che come dice la Pereira esprime la condizione necessaria alla «manifestazione della realtà che è in sé Uno12»:
La Tavola afferma così la dottrina dell’unità di ogni cosa, l’origine comune di tutte le forme di materia, l’anima o essenza comune che soggiace a ogni forma, la credenza che ogni sostanza è il risultato di un processo di sviluppo ed è quindi capace di trasformazione13.
La «dimensione cosmologica unitaria» alla base di tutta la speculazione alchimistica ipotizza che Ab Origine vi fosse una Cosa Una, una Materia Prima, informe, che è Una in atto e Molti in potenza. Al suo interno si differenziano e operano due Polarità, due Forze “sessuate”, la cui azione sinergica e dinamica, o se vogliamo “ierogamica”, porta alla creazione della Molteplicità delle Cose straordinarie che sono nell’Universo o riconduce il Tutto all’Unità Indifferenziata originaria. Si tratta di un processo di andata e ritorno, circolare e lineare insieme, attraverso il quale dall’Unità si giunge alla Molteplicità e viceversa. Gli Alchimisti Cinesi rappresentano questo dualismo unitario con il simbolo del Tao, mentre il filosofo greco Eraclito, la definiva come la Via della Vite:
La via della vite è dritta e curva, ed è la medesima e una ; Nel circolo principio e fine fanno uno ; La via in su e la via in giù sono una e la medesima14.
L’Hortolanus riconobbe in questo passo l’allegoria del processo di distillazione, che è all’origine stessa del suo nome di Alchimista. Fin dall’inizio del Commento dice infatti di chiamarsi Hortolanus, cioè Giardiniere a causa dei Giardini Marini15. Egli infatti praticava il Metodo Operativo Umido16 e sapeva, per esperienza diretta, che durante il Magistero una parte della Materia Prima «sale in alto», mentre l’altra «resta in basso fissa e chiara». La parte “inferiore” «è la Terra, che è la nutrice e il fermento», mentre quella “superiore” «è l’Anima, che vivifica tutta la Pietra e la resuscita17».
A livello Mitologico-Religioso la frase è figlia dei Miti Cosmologici che hanno come tema la Creazione attraverso il Matrimonio Sacro, l’unione cioè di due principi cosmici e divini, per esempio il Dio egizio della Terra Geb disteso sotto la Dea del Cielo Nut, ma anche di quelli fondati sul Tema dello Smembramento, dove gli esseri umani, gli animali, le piante, le pietre e i metalli derivano dal corpo di un Gigante primordiale fatto a pezzi, come nella leggenda della Dea Tiamat mesopotamica18.
Va notato che nella traduzione B2, perpetranda, viene tradotto con “penetrare”, nel senso di “comprendere”, “capire”, probabilmente traslando il significato del verbo latino, che, letteralmente, vuol dire fare, compiere, conseguire.
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C) ET SICUT OMNES RES FUERUNT AB UNO, MEDITATIONE UNIUS. SIC OMNES RES NATAE FUERUNT AB HAC UNA RE, ADAPTATIONE.
C1) E poiché tutte le cose sono e provengono da una, per la meditazione di una, così tutte le cose sono nate da questa cosa unica mediante adattamento.
C2) Tutte le cose derivano da sempre dall’Uno, dal Logos dell’Uno; così tutte le cose sono state create dall’Uno, in conformità.
In questo passo si mescolano tutte le Anime dell’Alchimia: le riflessioni empiriche dei Filosofi Greci, le conoscenze sperimentali degli Artigiani di Alessandria d’Egitto, le dottrine Magico-Religiose dei Caldei e degli Egizi, la concezione Cosmologica dei Testi Ermetici e la Dottrina Gnostica ebraico-cristiana.
Sembrerà strano, ma per poter proseguire e comprendere il processo di Distillazione descritto nella Tavola Smeraldina, bisogna prima capire cosa era effettivamente la Magia per gli Antichi e come questa fosse in relazione con la Religione, la Filosofia e l’Alchimia. Dobbiamo quindi compiere un’ampia digressione su questi argomenti.
Tanto per cominciare questa frase riprende la famosa espressione Eraclitea En Pànta19, «Tutte le cose sono uno», riadattata da Plotino nel detto «Tutto è ovunque e tutto è uno e uno è tutto20» e trasformata nell’En To Pàn della Chrysopoeia di Cleopatra21, uno dei primi manoscritti alchemici illustrati, nel quale si legge «Uno è il Tutto; e da esso il Tutto e verso esso il Tutto; e se il tutto non contiene il tutto, il Tutto è nulla. Uno è il serpente, ed esso ha il veleno dopo le due combinazioni22».
Ermete ci dice che il modo in cui dall’Unità Primordiale si passa alla pluralità degli enti avviene per meditatione, cioè attraverso l’attività del pensiero, perché letteralmente meditare, vuol dire riflettere, ma anche prepararsi a fare qualcosa.
L’Hortolanus vede espressa in questa frase l’azione del Logos, cioè del «Pensiero di Dio Onnipotente», che crea il mondo pensandolo. La Pereira, nel suo Commento, traduce meditatione con l’espressione «il Respiro dell’Uno23», perché l’Atto del respiro, con i suoi due movimenti alternati, rappresenta il movimento stesso di rarefazione e condensazione dentro l’Alambicco alchemico, ma è anche l’immagine più usata dagli Antichi Filosofi per rappresentare l’azione del Pensiero24 che muovendosi nella Mente Divina, dà forma alle idee producendo l’espansione e la contrazione della Realtà:
Nel respiro cosmico la realtà si rarefà e si condensa, dando origine a tutte le cose. L’analogia fondamentale fra la realtà macrocosmica e il processo alchemico è dunque la possibilità dell’Uno di generare il molteplice attraverso il dinamismo regolato dal calore, che per l’alchimista è il fuoco del suo laboratorio25.
I Naturalisti furono i primi filosofi greci a immaginare che il Mondo fosse regolato da una legge “ragionevole”, una sorta di intelligenza della Natura26.
Tra questi Anassimene di Mileto (586-528) riteneva che l’Elemento Unico Primordiale fosse l’Aria, che per successive condensazioni e rarefazioni si trasformava successivamente in Fuoco (inteso come gas rarefatto), Acqua e Terra (residuo). Di conseguenza pensava anche che «come le nostre anime, essendo aria, ci mantengono insieme, così il respiro e l’aria circondano l’intero universo».
Gli Stoici (308 a.C.- III d.C.) ritenevano che vi fosse identificazione tra il Logos, che loro consideravano il Principio razionale e divino presente in ogni cosa e il Soffio vitale caldo e artefice che anima ogni cosa, a cui davano il nome di Pneuma, cioè respiro (in latino Spiritus)27. Essi credevano inoltre che l’Universo fosse una sorta di grande essere vivente, armonicamente e razionalmente ordinato, nel quale Tutto è Vivo anche ciò che sembra Inanimato, perché la Divinità è una mente razionale immanente nella materia, una sorta di Anima del Mondo che tiene unite tutte le cose, le forgia in tutte le forme e qualità possibili, percorrendole incessantemente.
Il filosofo Plotino (203/205-270 d.C.) mantenne l’opinione che esistesse un’Anima del Mondo Pneumatica, come fondamento vitale e individuale dei corpi materiali, ma la considerò come una successiva emanazione (terza ipostasi) dell’Uno, preposta a collegare da una parte il Logos (l’anima superiore) e dall’altra la Materia (l’anima inferiore), in quanto «L’Anima in virtù della sua unità, trasferisce ad altri esseri l’Unità, che del resto lei stessa accoglie per averla ricevuta da un altro28».
I primi Alchimisti assimilando e rielaborando tutte queste teorie, alla luce delle credenze religiose e delle tecniche artigiane del loro tempo.
Immaginarono che l’Uno avesse creato il Tutto per meditatione, cioè attraverso il suo Caldo Respiro Mentale e che a sua volta il Tutto derivasse dall’Uno per adaptazione, cioè si conformasse alla Natura razionale e pneumatica dalla quale derivava. Per conseguenza, il Creatore e le Creature erano collegati, sia nella forma che nella sostanza, come rivela la radice dell’aggettivo aptus, che vuol dire connesso.
Questo Collegamento tra l’Alto e il Basso per gli Antichi era regolato da Leggi di Causa-Effetto, che l’Alchimista vedeva come Forze Vive e Divine in grado di spiegare i fenomeni psichici e fisici. Nei discorsi di Ermete a Tat, si legge che queste Influenze erano emanate dai 36 Decani e dall’Influsso dei Sette (i 5 pianeti più il Sole e la Luna) ed erano veicolate da Forze mediatrici chiamate Demoni. Con il termine greco Demone (Daimon) si intendevano gli Astri e tutte quelle Potenze Celesti intermediarie tra gli Dei e gli esseri umani, che distribuivano sorte favorevole o sfavorevole, secondo la Volontà divina:
[…] così, figlio mio, la forza che opera in tutti gli accadimenti di portata universale, viene dai decani: ad esempio (ascolta bene le mie parole) cambiamenti di sovrani, sollevamenti di città, carestie, peste, riflussi del mare, terremoti, nulla di tutto questo, figlio mio, ha luogo senza l’influenza dei Decani. Fai anche attenzione a questo: poiché i Decani sono preposti dall’alto ai corpi, e dato che noi siamo sotto l’influsso dei Sette, nota come si estende sino a noi una certa influenza dei decani, sia in quanto figli dei decani, che per intermediazione di alcuni esseri. […] Ebbene, il volgo, li chiama demoni: poiché i demoni non costituiscono una classe di esseri particolare, […] non sono mossi da un’anima come la nostra, ma sono semplicemente delle forze emanante da questi trentasei dei29.
Questi Demoni sono probabilmente gli stessi di cui parla Zosimo, quando invita sua Sorella Teosebia a “operare alchemicamente” secondo le dottrine Magico-Spirituali di Ermete30 e non quelle Magico-Astrologiche di Zaratustra.
Secondo l’opinione personale di Zosimo, infatti, il primo aveva scelto la Via dell’auto-conoscenza, mentre il secondo insegnava la Magia, cioè l’Astrologia senza finalità spirituali. Questa seconda strada era praticata da chi voleva ottenere le Tinture secondo il momento opportuno, cioè secondo l’occasione propizia «sia per le disposizioni degli astri, sia per il favore accordato dal demone personale31. […] In tal modo il successo nell’opus implicava il ricorso a pratiche magiche tendenti a propiziarsi i demoni e anche la credenza nell’influsso degli astri sulle azioni umane e sulla trasformazione dei metalli.»
Un tale atteggiamento per Zosimo era sbagliato «perché l’alchimista viene a subordinare la proprie azioni alle forze della Fatalità che governa il mondo corporeo, da cui dovrebbe invece emanciparsi per ottenere attraverso la pratica dell‘arte sacra come disciplina spirituale, il risarcimento della propria natura divina originaria32».
Zosimo elaborò quindi una sua sintesi originale di motivi propri dell’Ermetismo e dello Gnosticismo, che vedeva «nell’arte sacra un’occasione di ascesi» per consentire all’essere umano «di sottrarsi ai capricci dei demoni e ai vincoli del destino e della materialità» liberandolo e riconducendolo «alla dimensione pneumatica in cui si trovava prima di precipitare nella corporeità». Chi non seguiva questa Via viveva “a rimorchio della Fatalità” e non aveva «nessuna intuizione degli Incorporei, le realtà spirituali divine di cui parlava l’Ermetismo e non attingerà mai alla fonte del Nous33».
Bisogna precisare che Zosimo non criticava la Magia perché la riteneva pura superstizione, ma anzi, proprio perché credeva nel suo potere temeva che potesse essere usata nel modo sbagliato. Il problema per Zosimo era cosa si intendesse sacrificare: la propria prospettiva limitata ai bisogni del corpo per ascendere agli Dèi o cercare l’aiuto delle forze intermedie per seguire i desideri materiali? La Magia ai suoi occhi era impura solo se priva di afflato mistico, quando cioè utilizzata per seguire le illusioni del mondo e non per predisporre il ritorno dell’Anima alle sedi celesti, dopo la morte.
La Magia nel mondo antico era parte integrante della Religione di Stato. Era considerata una vera a propria Scienza Divina riservata ai Sovrani e ai Sacerdoti che la utilizzavano per Comunicare con gli Dèi a beneficio della Comunità. Le pene per chi la divulgava ai non iniziati34 erano severe, ma quando la potenza dei Popoli Mesopotamici ed Egizi decadde, l’Ars Regia iniziò a riversarsi al di fuori del contesto religioso e statale nel quale era nata35.
Fuori dalla Mesopotamia questa Scienza del Sacro prese il nome di Magia e successivamente di Astrologia, in quanto Egizi e Mesopotamici credevano che l’Universo fosse scaturito da una Unità primordiale dalla quale tutto nasce e tutto torna, per cui tutte le cose poste tra Cielo e Terra erano unite le une alle altre secondo una Legge di Simpatia36, regolata da principi attrattivi di causa-effetto, percepiti come Forze Viventi e Divine, in grado di spiegare qualsiasi fenomeno fisico e spirituale37. Niente accade per caso. La Religione Mesopotamica Babilonese si fondava sul principio che il Cielo e la Terra comunicassero tra sé attraverso il movimento delle Stelle e dei Pianeti i quali trasmettevano segnali ben precisi e comprensibili solamente da coloro che sapevano ben interpretarli:
Cielo e terra, ambedue mandano segni univoci, ognuno per proprio conto, ma non indipendentemente, (ché) cielo e terra sono interconnessi, un segno cattivo in cielo è anche cattivo in terra, un segno cattivo in terra è anche cattivo in cielo38!
Ritroviamo lo stesso concetto nell’Asclepio, un Testo Ermetico attribuito a Ermete Trismegisto, nel quale il Padre dell’Alchimia, parlando ad Asclepio, gli rivela che
[…] l’Egitto è l’immagine del Cielo o, per parlare più esattamente, il luogo dove si trasferiscono e si proiettano tutte le operazioni delle forze che governano e agiscono nel Cielo? E se dobbiamo parlare in modo più veritiero, la nostra Terra si può definire come il Tempio del mondo intero39.
Alchimia e Astrologia erano dunque collegate. Per localizzare una Miniera così come per compiere operazioni chimiche era necessario affiancare alla tecnica artigiana un rituale religioso, affinché queste azioni non venissero viste dagli Dèi come sacrileghe40.
Il poeta astronomico Manilio (I a.C. – I d.C.) ci rivela, per esempio, che sotto l’influenza del Capricorno non solo è possibile la displosis, cioè il raddoppiamento di una quantità di metallo prezioso, ma anche la ricerca di metalli nascosti e ricchezze sepolte, quindi di miniere41. Per quanto riguarda invece la costruzione di un forno per metalli esiste un frammento proveniente dalla Biblioteca di Assurbanipal, che secondo lo Studioso Robert Eisler, andrebbe considerato come la prima fonte storica attestante l’esistenza di una alchimia mesopotamica, collegata a ritualità religiose ben precise:
Quando predisporrai il piano di un forno per minerali (ku-bu), tu cercherai un giorno propizio in un mese propizio, e allora predisporrai il piano del forno. Mentre essi costruiscono il forno tu [li] sorveglierai e lavorerai tu stesso (?) [nella casa del forno]: tu porterai gli embrioni [nati anzitempo], un altro (?), uno straniero non deve entrare, né alcuno impuro deve camminare davanti a lessi: tu devi offrire le libagioni dovute davanti ad essi: il giorno in cui tu depositerai il “minerale” nella fornace farai un sacrificio davanti all’embrione; poserai un incensiere con incenso di pino; verserai birra kurunna davanti ad essi. Accenderai un fuoco sotto la fornace e deporrai il “minerale” nella fornace. Gli uomini che condurrai perché si prendano cura della fornace devono purificarsi e [dopo] disporrai perché abbiano cura del forno. Il legno che brucerai sotto la fornace sarà dello storace (sarbatu) spesso, grossi ceppi scortecciati, che non sono stati [esposti] in fasci, ma conservati sotto rivestimenti di pelle, tagliati nel mese di Ab. Questo legno sarà messo nella tua fornace42.
Di questi argomenti se ne occuperà in modo più esplicito, pochi anni dopo la pubblicazione della Tabula, un altro testo arabo, il Gāyat-al-hakīm (il Fine del Saggio) divenuto famoso in Europa con il nome di Picatrix. A causa del suo contenuto venne rapidamente messo all’indice dalla Chiesa, ma questo non gli impedì di essere presente nelle biblioteche degli Studiosi, dei Maghi e degli Alchimisti più importanti e famosi del Medioevo e del Rinascimento. In esso si parla della Città di Ermete Adocentyn43, si insegnano la Scienza delle Corrispondenze, l’Arte di creare Talismani e quella di evocare e utilizzare gli Spiriti Planetari, cercando di recuperare l’antica concezione sacra del Mago, che è anche Sacerdote e Teurgo:
Il mago non è mai un ciarlatano, un imbonitore, un falsificatore; egli è chiamato alla conoscenza e affianca la natura aiutandola a svelarsi». Egli è un Teurgo, che non si sostituisce a Dio, perché non crea niente dal nulla, ma possiede l’arte per trasformare e manipolare la Materia, quindi: « […] egli non opera miracoli ma legge le profonde forze del creato, facendosi intermediario fra cielo e terra, sacerdote estremo della natura e della gloria di Dio». Mago è colui « […] il cui potere e facoltà proviene dalla conoscenza profonda della natura e del tutto, della physis, dal conoscere quali sono le connessioni che legano le idee al mondo. Statue e talismani sono immagini intermediarie tra i due mondi e il mago, sulla base della conoscenza della natura, diviene capace di leggere gli influssi e modificarne le tendenze, se nefaste, in energie positive 44.
Anche gli Stoici e Plotino riconoscevano l’esistenza di questi influssi astrali e divini, dandone una spiegazione filosofica, che portò il Neoplatonico Giamblico a non ritenere sbagliato ricorrere alla Magia. Giamblico (245 – 325) era certo infatti che Ermete Trismegisto fosse il Maestro per eccellenza dell‘Arte Teurgica e che nell’Ermetismo confluissero Alchimia, Magia e Astrologia. Ispirato dagli Oracoli Caldaici, fece della Teurgia l’argomento centrale del suo De Mysteriis, tentando di fondere la filosofia neoplatonica con la magia egiziana, a carattere mistico religioso, per realizzare così l’ideale platonico della assimilazione a Dio, attraverso l’unione sovra-razionale45.
Gli Stoici chiamarono questo profondo legame esistente tra il Divino e la sua Manifestazione con il nome di Simpatia, considerandolo come un sentire comune, un sentire insieme, che congiungeva su ogni piano del visibile e dell’invisibile, il Tutto con le sue Parti. Plotino lo riprese spiegando che erano le Emanazioni a mettere in contatto l’Alto e il Basso, veicolando nella materia le qualità occulte divine (cioè invisibili agli occhi, diverse da quelle fisiche proprie degli elementi stessi) discendenti nel Regno Terrestre attraverso la struttura del Regno Celeste, cioè gli Astri e i Pianeti.
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D) PATER EIUS EST SOL, MATER EIUS EST LUNA. PORTAUIT ILLUD UENTUS IN UENTRE SUO. NUTRIX EIUS TERRA EST.
D1) Il Sole è suo padre, la Luna è sua madre, il Vento l’ha portata nel suo ventre, la Terra è la sua nutrice.
D2) Suo padre è il Sole, sua madre la Luna. Il Vento lo portò nel suo grembo. La Terra è la sua nutrice.
Eccoci arrivati alla concretizzazione pratica di quanto detto fino ad ora, attraverso l’esposizione della Teoria Alchemica della Trasmutazione degli Elementi che si manifesta attraverso l‘Unità dei Contrari, cioè attraverso due movimenti opposti e complementari di condensazione e rarefazione:
Venendo ai particolari, il suo pensiero [di Eraclito] era questo. Elemento primo è il fuoco, e tutte le cose “si hanno in cambio del fuoco” e si producono per rarefazione e condensazione. In forma chiara tuttavia non si diffonde a spiegare nulla. Le cose nel loro divenire seguono la legge dei contrari e tutto ciò che esiste scorre al modo di un fiume. L’universo è finito ed esiste un unico cosmo: esso è generato dal fuoco e di nuovo si risolve nel fuoco con ritorni ciclici fissi e per tutta l’eternità, e tutto è governato dal fato. Fra i contrari, quello che conduce alla generazione lo chiama “guerra e contesa”, quello che porta alla conflagrazione “accordo e pace”, e il mutamento la “via in su e la in giù”: è seguendo questa che il mondo diviene46.
Il filosofo Empedocle (490/85 – 425/30 a.C.) riprendendo da Eraclito l’ipotesi che il principio di tutte le cose fosse il Divenire e accettando l’idea di Parmenide (515 – 450 a.C.) che la molteplicità di tutto questo divenire fosse apparente, affermò che niente si crea dal niente ed esiste una Origine Unica di tutta questa mutevolezza, che non può che essere che Una, ingenerata e immortale47. Quando regna la forza coesiva dell’Amore, essa è un Tutto omogeneo, sferico e armonioso, perché prevale l’Aggregazione, al contrario quando vince la Discordia, allora il Tutto si disgrega lentamente e la Separazione dei suoi componenti primi48 porta alla formazione del Mondo della Molteplicità.
Sempre secondo Empedocle i principi costitutivi della Prima Materia erano le quattro sostanze enunciate dai Naturalisti (Aria, Acqua, Terra e Fuoco), che lui definì Radici49 di tutte le cose e che Platone, in seguito, chiamò Elementi50. L’idea che nella Quadruplicità fosse rappresenta la manifestazione dell’Unità nella Molteplicità era stata formulata anche dai Pitagorici, attraverso la spiegazione della loro sacra Tetraktis. Tale asserzione fu inglobata nel pensiero alchemico e sintetizzata nel famoso assioma di Maria l’Ebrea nel quale si diceva che: «l’Uno diventa Due, i Due diventano Tre, e per mezzo del Terzo, il Quarto compie l’Unità51».
Empedocle affermò anche che la differenza tra le Creature era dovuta alla diversa percentuale di mescolanza delle Quattro Radici, mentre Filistione di Locri (medico nella sua scuola) notando che il Fuoco e l’Aria, essendo simili, si dirigevano verso l’alto, mentre i loro opposti, l’Acqua e la Terra, si dirigevano verso il basso, fece notare che ciascuna Radice era contraddistinta da una qualità: per il Fuoco era il Caldo, per l’Aria il Freddo, per l’Acqua l’Umido e per la Terra il Secco».
Sulla base di queste osservazioni Aristotele dedusse che ogni Elemento doveva essere contraddistinto non da una, ma da due Qualità52 che permettevano a ciascuna Radice di trasformarsi nelle altre, attraverso il mutamento di una o entrambe le sue qualità fondamentali, secondo questo famoso schema:
FUOCO, caldo e secco, ARIA, umido e caldo, TERRA, secco e freddo, ACQUA, freddo e umido.
Notò anche che le trasformazioni tra Radici che hanno una qualità in comune sono più facili delle trasformazioni nei loro opposti (Aria in Terra e viceversa), ma gli Opposti si possono comunque Unire, attraverso lo scambio delle qualità che non possiedono generando i due Elementi mancanti.
Accanto alla legge di Somiglianza, che vede il simile attrarre il simile, fu postulata quindi anche la legge dell’Unione dei Contrari (la Coincidentia Oppositorum) che permette la creazione di un numero enorme di miscugli diversi, alterando le proporzioni degli elementi che li compongono nella direzione richiesta.
Quattro sono dunque gli elementi53, ma come diceva anche Ostane, «di questi l’acqua e il fuoco sono le radici, radices», mentre «la terra e l’aria sono composti di esse». Ciò vuol dire che il Quaternario degli Elementi era visto come come una Doppia Diade nella quale la Seconda Diade deriva dalla Prima ed è equivalente a essa, ma a un livello diverso di trasmutazione, per cui il Fuoco e l’Acqua vanno considerati come i due principi primi, che nascono dalla Cosa Unica e dai quali derivano tutte le altre cose:
Se prendete fuoco e acqua e, operando come abbiamo esposto nel libro presente, riuscite a mescolarli e a combinarli, nessuno dei due sarà in grado di danneggiare l’altro e la loro unione sarà doppiamente brillante rispetto allo stato primitivo. […] All’inizio gli elementi primitivi furono fuoco e acqua. Accoppiando e combinando fuoco e acqua si formarono numerosi corpi, alberi e pietre54.
A questo proposito esiste una famosa illustrazione del Viridarium Chymicum (del 1624) dove compaiono 4 fanciulle, che tenendo un vaso sulla testa stanno ognuna in equilibrio su una sfera. Ogni sfera ha impresso sopra il simbolo di uno dei 4 Elementi, mentre ogni vaso rappresenta una Fase e una Sostanza dell’Opera55.
Ostane aggiunse che «il metodo giusto» per comprendere l’Operazione Alchemica consiste «nel procedere per analogia, agendo in conformità con il metodo seguito nella scienza primitiva».
La scienza primitiva è sicuramente l’Astrologia, perché attraverso questa è possibile creare una sintesi schematica di tutti le corrispondenze, cioè di tutti i rapporti che le Quattro Radici Universali stabiliscono tra sé per creare la Molteplicità del Mondo e che gli Esoteristi raffigurano nella formula quaternaria della Tetraktis Pitagorica e del Tetragrammaton Ebraico. La Magia Astrologica, come l’Alchimia si fondavano dunque sulla stessa Legge, quella di Simpatia, che metteva in relazione tutto il Cosmo: gli Dei, le Forze Celesti, gli Elementi, i Pianeti, le Stagioni, le Fasi Alchemiche, le Fasi della Vita materiale e Spirituale, le Qualità della Materia, i Temperamenti del Carattere56, i Minerali, le Piante, gli Animali, e così via.
Plotino stesso spiegò il funzionamento della Magia Astrologia come qualcosa di assolutamente naturale, in quanto basata sulla stessa Legge postulata da Empedocle:
Come devono essere spiegate le pratiche magiche? Mediante la simpatia, per mezzo dell’esistenza di una concordanza delle cose simili e una contrarietà delle cose dissimili, e grazie a una diversità di molti poteri operativi nell’unico universo vivente. Senza alcuna costrizione esterna, avvengono molti incantesimi e magie. La vera magia è l’Amore (Philia) e l’Odio (Neikos) nell’Universo. Nelle pratiche magiche gli uomini volgono tutto questo ai loro scopi57.
Decriptando questo “Codice Occulto di Concordanze”, che racchiude e condensa in sé tutte le Conoscenze degli Antichi e riscoprendo i Significati che la Tradizione Astrologica attribuisce agli Elementi e alle loro Qualità, si può tentare di comprendere quale fosse, secondo gli Alchimisti, la loro Azione Chimica all’interno dell’Opera:
il Caldo rappresenta il «principio dinamico con forza espansiva (accrescimento) e trasformativa (“focolaio d’energia”)»;
il Freddo è il principio statico con potere di assorbimento, concentrazione, conservazione e stabilità. È un Agente di Fissazione e Condensazione;
l‘Umido è il «principio di plasticità, veicolo del Caldo, con potere di accrescimento incorporando per assorbimento. È agente di dissoluzione e mescolanza»;
il Secco è il «principio di ritrazione, con il potere di isolare, ridurre e condensare, conducendo alla Solidificazione, fino alla Polverizzazione»58.
Per quanto riguarda gli Elementi:
1) il Fuoco è un «agente di penetrazione e di trasformazione degli altri elementi». Le sue Qualità dominanti sono il Caldo e il Secco. Si possono descrivere tre diverse temperature attraverso l’analogia tra il diverso grado di calore del Sole durante l’anno e i diversi regimi di fuoco necessari all’Opera:
il dolce calore primaverile del mese di Marzo (dominato dal segno dell’Ariete) che fa dischiudere la Terra;
il forte calore estivo (segno del Leone) che nel mese di Luglio fa evaporare tutta l’Acqua dalla Terra;
il tiepido calore autunnale del Sagittario, che insieme all’Acqua aiuta la Terra a fermentare.
2) l’Acqua è una «forza di rilassamento e dissoluzione che genera lo stato di molle fluidità». Le sue Qualità dominanti sono il Freddo e l’Umido. I tre tipi di Acqua sono:
quella calda della Stagione Estiva (segno del Cancro), in analogia con il liquido solvente che scioglie il composto;
quella tiepida della Stagione Autunnale (segno dello Scorpione) che ricorda la macerazione corrosiva e la putrefazione della sostanza;
quella fredda e congelata del segno dei Pesci.
3) l’Aria è una «forza centrifuga la cui potenza di compressione, quando si diffonde, conduce il corpo allo stato di fluido elastico, che occupa il maggior spazio possibile». Le sue Qualità dominanti sono l’Umido e il Caldo». Anche l’Aria, da intendersi come Vapore Acqueo, può essere illustrata simbolicamente con tre Stagioni:
le nebbie umide autunnali (segno della Bilancia);
l’aria rarefatta invernale (segno dell’Acquario)
l‘aria tiepida primaverile (segno dei Gemelli) carica di essenze e profumi.
4) la Terra è valutata per la sua «potenza di coesione che, nella sua forza centripeta, costruisce la solidità del corpo concentrato, ridotto al suo spazio essenziale». Le sue Qualità dominanti sono il Secco e il Freddo. Ci sono 3 tipi di Terra:
la Terra estremamente compatta e asciutta della Stagione Invernale (segno del Capricorno), che nel mese di Gennaio nasconde e protegge i semi che le fermentano dentro:
la Terra primaverile (segno del Toro), che nel mese di Maggio brulica di vita desiderosa di riprodursi;
la Terra estiva (segno della Vergine), che ad Agosto è ormai divenuta sterile, e si prepara ad accogliere nuovi semi e nuova acqua.
Partendo da questa massa sommaria di informazioni e approfondendola attraverso i trattati più strettamente chimici degli Alchimisti, certi passi possono iniziare ad apparire molto meno oscuri, come questo passaggio del Libro delle Figure Geroglifiche, dell’Alchimista Nicolas Flamel (1330 – 1418), nel quale vengono illustrati i diversi trattamenti di separazione, utilizzando immagini del mondo della Natura, per fare riferimento tanto al Calore dei raggi del Sole, che al Fuoco che deve simulare il regime stesso del calore Solare, nei diversi periodi dell’anno:
Dunque il calore del tuo fuoco in questo vaso sarà, come dicono Hermes e Rosino, secondo l’Inverno, o piuttosto, come dice Diomede, secondo il calore dell’Uccello che comincia a volare così dolcemente dal segno dell’Ariete a quello del Cancro. Devi infatti sapere che il bambino all’inizio è pieno di flegma freddo e latte, che il calore troppo veemente è nemico della freddezza e dell’umidità del nostro Embrione; e che i due nemici, cioè i nostri elementi del freddo e del caldo non si abbracceranno mai completamente se non a poco a poco, dopo aver per prima cosa fatto lunga dimora insieme, in mezzo al calore temperato del loro bagno, ed essendo cambiati attraverso lunga cottura in Zolfo incombustibile. Reggi dunque dolcemente con eguaglianza e proporzione, le tue nature altezzose, per paura che se favorisci più le une che le altre, loro che sono naturalmente nemiche si indispettiscano contro di te per gelosia e collera secca facendoti sospirare a lungo. Oltre a ciò le devi intrattenere perpetuamente a questo calore temperato, cioè notte e giorno, finché l’Inverno – cioè il tempo dell’umidità delle materie, sarà passato; perché fanno la pace, e si danno la mano riscaldandosi insieme; e se si trovassero solo mezz’ora senza fuoco, queste nature sarebbero per sempre irreconciliabili. Ecco perché nel Libro dei settanta precetti è detto: “Fa che il loro fuoco duri infaticabilmente senza smettere e che nessuno dei loro giorni sia dimenticato. E Rasis, “la precocità di maturazione che porta con sé troppo fuoco è sempre seguita da diavolo e dall’errore”. Quando l’Uccello dorato, dice Diomede, sarà arrivato fino al Cancro, e di là correrà verso le Bilance, allora dovrai aumentare un poco il fuoco. [Farai ] lo stesso quando il bell’Uccello, se ne volerà da Libra verso il Capricorno, che è il desiderato Autunno, tempo delle messi e dei frutti già maturi59.
A conferma del legame tra le Stagioni e le Fasi Alchemiche esiste una famosa illustrazione dell’Atalanta Fugiens intitolata 4 Gradus , cioè le 4 Fasi da seguire nell’Opera. In essa sono rappresentate le 4 Stagioni e i loro corrispondenti segni Zodiacali, sotto forma di 4 Fanciulle con la testa a forma di Sole. In latino Gradus vuol dire infatti fase, periodo, ordine di successione, ma con l’avvento della Chimica Scientifica settecentesca questo termine inizio ad essere utilizzato anche per indicare l’unità di misura della temperatura e della quantità di alcol contenuta in una sostanza alcolica (gradazione alcolica).
Tornando alla Tavola di Smeraldo in questa frase viene dunque insegnato (o ricordato) all’Adepto dell’Arte, che ci sono 4 Radici della Cosa Unica, le quali, su un piano rappresentano gli Elementi e su un altro le Operazioni Alchemiche.
Il Sole, la Luna, il Vento e la Terra a un livello diverso di realtà rappresentano il Fuoco, l’Acqua, l’Aria e la Terra, ma anche la Materia Prima, che si manifesta in forma di miscugli di sostanze differenti per composizione60 oppure differenziate secondo il loro stato di consistenza (solida, liquida, e gassosa) o in base alla qualità (fredda, calda, secca e umida).
Quando, per esempio, Ermete ci dice che il Sole è suo Padre, egli intende, come Eraclito, che il Padre di Tutto è il Fuoco, perché senza il Calore la Trasmutazione della Materia non ha inizio:
Il fuoco infatti condensandosi diventa umido e coagulandosi diventa acqua, l’acqua si rapprende e trapassa in terra: e questa è la via in giù. Nel senso opposto la terra si discioglie e da essa nasce l’acqua e dall’acqua le altre cose, in quanto egli [il fuoco] riconduce quasi tutto all’evaporazione del mare: e questa è la via in su. Evaporazioni si hanno sia dalla terra che dal mare: alcune luminose e pure, altre oscure. Il fuoco è alimentato da quelle luminose, l’elemento umido da quelle oscure61.
L’importanza del Calore è confermata dall’argomento trattato nel Libro dei Segreti della Creazione, cioè dal testo stesso di cui la Tavola di Smeraldo è una sintesi e del quale la Pereira ci offre questa sintetica panoramica:
All’origine dell’intera realtà naturale sta infatti un unico principio, il calore, che discende da Dio attraverso una serie di passaggi così schematizzabili: da Dio promana il Verbo divino, dal quale è creata l’azione che genera il moto e con esso il calore stesso, dal cui dinamismo ha origine la realtà naturale. L’azione del calore, prodotto della creazione, si differenzia tuttavia in maniera nettissima dall’azione divina. La radicale diversità fra il creatore e il mondo creato è sottolineata sia a livello terminologico (Dio crea; il calore e le dinamiche che da esso discendono, invece, generano), sia attraverso l’enunciazione del principio che tutte le cose che sono generate lo sono attraverso l’azione del simile e del contrario, mentre Dio – l’Inaccessibile – non ha similitudine, non ha specie, non ha contrario. Moto e calore si implicano reciprocamente, senza che sia possibile distinguere una priorità fra i due: è dalla loro azione, dal prodursi del calore dal moto e del moto dal calore, che ha inizio la generazione delle cose naturali, ed è ancora questa dinamica moto-calore che porterà al suo compimento perfetto. Il moto e il calore, tramite un processo per cui il traduttore latino impiega il termine sublimatio, producono la stratificazione della materia primordiale, sostanza incorporea che soggiace a tutta la natura corporea e che non sembra essere altro se non lo stesso calore che, rarefacendosi e condensandosi, si polarizza in due estremità: le qualità del caldo e del freddo. Il dinamismo all’interno del principio unico primordiale, calore-materia-energia, produce una differenziazione all’interno dei due estremi dando luogo a sette sfere, che corrispondono a diversi livelli d’intensità del calore e sono sede dei pianeti e principio dei segni zodiacali62. Si ottiene così un ordinamento della materia cosmica, in cui la polarità originaria di caldo e freddo si manifesta attraverso una serie di coppie: alto-basso, leggero-pesante, attivo-passivo, maschile-femminile. La polarità primaria, prosegue il testo, si unisce in connubia (nozze) dalle quali nascono due qualità ulteriori, il secco e l’umido. In realtà le due qualità non sembrano essere il prodotto del calore e del freddo, ma piuttosto la manifestazione del loro livello occulto; attraverso la scissione di ciascuna qualità occulta da quella manifesta e le ricombinazioni possibili si ottiene la formazione di realtà naturali ulteriori e più complesse, fino ai corpi elementari concreti (minerali, vegetali e animali), secondo un dinamismo che presenta sostanziali analogie in tutti i suoi stadi di svolgimento. Le sostanze che, scindendosi al proprio interno, rendono possibile l’unione con i loro opposti danno luogo ad un processo irreversibile e la dinamica interno-esterno, che in tal modo si realizza istituisce un nesso di reciprocità fra alto e basso in cui risiede, […], la nozione chiave della Tabula Smaragdina […]63.
Nel Kitāb Sirr al-ḫalïqa sono dunque racchiuse le più importanti teorie magiche cioè “scientifiche” del mondo antico e dei filosofi greci riguardanti la Natura e i suoi Elementi, ma sono presenti anche le vivide immagini ermetiche del Kore Kosmou che parla della distinzione tra l’Opera Creatrice di Dio e quella Generatrice degli Esseri Umani, i quali possono solamente modellare la Materia che la Divinità ha messo loro a disposizione, traendola da se stessa:
Allora, Egli stesso, desiderando che il mondo superiore non fosse più inerte, decise di riempirlo di spiriti, in modo che sin nei dettagli, la creazione non risultasse immobile e inattiva; si fece artigiano di questo disegno e usò sostanze sacre per la realizzazione della sua opera. Avendo tratto dalla profondità proprio essere tutto il soffio che gli necessitava, lo unì al fuoco e lo rimestò con altre sostanze sconosciute. Dopo aver uniformato questo e ciascun elemento, accompagnandosi con alcuni incantesimi segreti, agitò con forza la mistura, fino a ché bollì, in superficie apparve allora una sorta di materia più sottile, più pura e trasparente degli ingredienti di cui era composta, essa era traslucida, la vedeva solo l’Artefice. […] Dio la chiamò Animazione. […] Si ebbero così, in numero adeguato, miriadi di anime, operanti secondo il suo disegno con ordine e misura, agenti con esperienza e in conveniente proporzione, nate dalla stessa schiuma della mistura. […] non avrebbe dovuto esserci la minima differenza tra le anime, al di là del necessario, anche se è vero che la schiuma che si rapprese in superficie dopo che dio ebbe rimestato, non era in tutti i punti la stessa. Il primo parto era migliore, più denso del secondo, e nel complesso più puro, il secondo parto, di molto inferiore, era comunque migliore del terzo. E così via sino alla sessantesima schiera di anime. […] dopo aver mescolato gli altri due elementi congenerati, l’acqua e la terra, pronunciò allo stesso modo su di essi certe formule, segrete, potenti ma non tanto quanto le prime, dopo aver agitato la mistura e avervi insufflato una forza vivificatrice, prese la parte essiccata che galleggiava i superficie e che mostrava un involucro ben coagulato e ne forgiò i segni zodiacali in forma animale. Quanto al residuo della mistura, lo lasciò alle anime che avevano già progredito, a quelle anime che erano state invitate a entrare in luoghi degli dei, nei luoghi prossimi agli astri, presso i sacri demoni dicendo: “Create, figli miei, discendenti del mio essere, ricevete questi residui del mio operare e che ciascuno configuri qualcosa che corrisponda alla propria natura: guardate, voglio offrirvi inoltre questi oggetti che vi serviranno da modelli”. E avendo ripreso la mistura tra le mani, dispose con ordine e bellezza, in accordo con i movimenti psichici l’ornamento dello zodiaco, dopo averlo aggiustato perfettamente come complemento ai segni antropomorfi dello zodiaco […]» ; « Dal primo parto della materia, quello la cui sostanza era estremamente leggera, esse [le anime] modellarono in modo leggiadro la specie degli uccelli: e siccome, nel frattempo, la mistura era già divenuta dura per metà e aveva acquistato una solida consistenza, esse forgiarono la specie dei quadrupedi, specie che è sicuramente meno leggera, quella dei pesci, che hanno bisogno bisogno di un complemento umido per nuotare; infine essendo la parte residua ormai fredda e attratta verso il fondo, le anime produssero una nuova specie, quella dei rettili.»; La parte finale della Sostanza fu usata da Ermete, per creare i Corpi Umani, nei quali furono incorporate le Anime che avevano trasgredito agli ordini di Dio: « Io allora – disse Ermete – mi domandai di quale materia dovevo servirmi, e chiamai in aiuto il Sovrano. Questi ordinò alle anime di darmi il residuo della mistura: e avendolo preso tra le mani, lo trovato secco. Usai allora una gran quantità d’acqua superiore al necessario, in modo da rinfrescare la composizione della materia, così che l’essere modellato risultasse languido, debole e impotente, tale da non potersi congiungere con l’intelligenza prima d’esser riempito di forza. Lo modellai, l’opera era bella, gioii alla sua vista; e dal basso invitai il Sovrano a contemplarla egli la vide e ne gioì e ordinò che le anime fossero incorporate64.
Se il Sole è il Padre, cioè il Fuoco Motore dell’Operazione, allora la Madre è la Luna, ovvero l’Acqua, che nell’unirsi con il Fuoco, il suo Elemento opposto e complementare, dà vita a una Sostanza Liquida dalla Doppia Natura, un’Acqua Ignea, che ricorda l’Acqua Divina di cui parlava Zosimo di Panopoli:
È questo il mistero divino e supremo, l’oggetto delle ricerche. Questo è il Tutto. Da esso viene il Tutto e per mezzo di esso il Tutto è. Due nature, una sola essenza: l’una trascina l’altra, e l’una domina l’altra. Questa è l’acqua d’argento, la maschio-femmina che sempre fugge, attratta verso ciò che è proprio. È l’acqua divina che tutti hanno ignorato. Non è facile contemplare la sua natura. Non è metallo, né acqua che sempre scorre, né è un oggetto corporeo: non può essere dominata. È il tutto in tutte le cose. Ha vita e spirito ed è distruggitrice. Chi intende queste parole, possiede l’oro65.
Nella Turba dei filosofi66, un testo della stessa epoca della Tabula Smaragdina (IX secolo), si parla di un’Acqua Bivalente, l’Acqua dello Zolfo che «è mista di due nature e si congela e si dissecca e si altera e si sbianca e si arrossa con l’aiuto del fuoco, amministrato come si deve67». Quest’Acqua corrisponde all’Acido Solforico, un acido minerale, che in soluzione acquosa concentrata divenne famoso con il nome di Vitriol.
Alcuni sostengono che la Tavola di Smeraldo celi proprio la ricetta del Vetriolo, perché questa sostanza fu riscoperta dal più grande e influente Alchimista arabo, Jâbir ibn Hayyân (813-?) conosciuto dagli europei come Geber 68, lo stesso studioso che secondo la tradizione aveva citato per primo la Tabula nei suoi scritti.
Altri sostengono invece che il Vitriol sarebbe stato prodotto da un altro importante e famoso Medico e Alchimista arabo Al-Razi (864 – 930 d.C.), che però nacque dopo che la Tabula era stata scritta. In ogni caso il testo della Tavola di Smeraldo non specifica mai chiaramente, in nessun punto, a quale tipo di Distillazione ricorrere, quale strumentazione utilizzare, se siano necessarie delle reiterazioni, quante bisognerebbe farne, quali Sostanze scegliere di mescolare e infine quali composti ottenere. In realtà vengono illustrati, genericamente, solamente i Principi basilari e teorici dell’Arte Distillatoria, che prevede il passaggio di una miscela dallo stato liquido a quello gassoso e viceversa.
In linea generale, possiamo quindi dire che dalla fusione del Fuoco con l‘Acqua, (la Diade originaria) nascono la Materia e lo Spirito (pneuma), la Terra e l’Aria del composto (la Seconda Diade).
L’Aria equivale al Vento, cioè al Vapore che porta nel suo ventre l’embrione, cioè il Figlio del Fuoco e dell’Acqua, che è anche la Quinta Essenza di questo Quaternario Elementare. L’immagine è stata illustrata in un emblema dell’Atalanta Fugiens69, e viene spiegata dal Maier in questi termini:
Colui cui fu padre il Sole e madre la Luna, prima di veder la luce, sarà portato dai fumi del vento, come dall’aria l’uccello in volo”. […] ». Questo embrione è il famoso Mercurio, che «è composto di fumi: o meglio d’acqua che si solleva con la terra nella debole densità dell’aria, e di terra che costringe l’aria a ritornar terra fatta acqua o acqua fatta terra70». Il Vento è dunque il Vapore acqueo che porta mescolata in sé l’essenza volatile, mentre la Terra Nutrice, rappresenta la parte volatile, che coagulandosi, viene raccolta nell’altro contenitore dove diventa la “nuova terra” da ridistillare, per ottenere una sostanza maggiormente concentrata e purificata. Il Maier, proprio riguardo alla “Nutrice del Figlio dei Filosofi”, scrive: « Essa è la nutrice del Cielo, nutrice che non lava né bagna il feto, ma lo coagula, lo fissa e colora, mutandolo in succo, […] mirabile liquore della Terra71». Per questo è anche associata alla Lupa che allatta Romolo e Remo, «Perché grazie alla potentissima sua virtù cangia la natura del soggetto, nutrito nel modo istesso in cui, secondo che si crede, il latte della lupa dotò il corpo di Romolo d’un temperamento ardito e guerriero72.
Va detto che tra le Terre Liquide, c’era anche il Vetriolo, che faceva parte di quelle sostanze che venivano chiamate “succhi solidi73“.
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E) PATER OMNIS TELESMI TOTIUS MUNDI EST HIC. VIS74 EIUS INTEGRA EST, SI UERSA FUERIT IN TERRAM.
E1) Il Padre di tutto, il Telesma di tutto il mondo è qui; La sua forza o potenza è intera se essa è convertita in Terra.
E2) Costui è il padre di ogni realizzazione in tutto il mondo. Il suo potere è totale quando si è mutato in terra.
Ermete continua il discorso precedente, dicendo che il fine dell’operazione sta tutto nella riconversione del Cielo in Terra, sotto forma di una Pioggia la cui Potenza non viene diminuita nel cambiamento di stato, perché la sua Purezza verrà conservata. La parola latina Integra si traduce, infatti, con intatta, non diminuita, pura, per cui quando «l’Anima della Pietra […] è convertita in Terra» il Vapore acqueo si condensa e ridiscende portando con sé l’essenza volatile con tutte le sue proprie virtù intrinseche intatte. Il Maier scrive che proprio «la condensazione dei vapori o dei venti [che altro non sono se non aria in moto] produce l’Acqua che mestata con la Terra, genera tutti i minerali e i metalli75».
Anche nel Discorso numero XV di Ermete ad Ammone, dove la Creazione Divina viene illustrata come un «Atto Alchemico», si fa riferimento all’importanza del Vapore, quando viene riconvertito in Terra e si spiega che il Calore è provocato dalla Natura Bivalente della Materia Prima76:
D’altra parte ciò che è mosso si muove secondo l’attività del movimento che muove il Tutto. Poiché la natura del Tutto fornisce al Tutto due movimenti, l’uno in ragione della propria potenza; l’altro in ragione della sua attività. L’uno penetra attraverso l’insieme del mondo e lo mantiene all’interno, l’altro è coestensivo al mondo e l’avvolge dall’esterno; questi due movimenti vanno e vengono unitamente attraverso tutte le cose. 2. La Natura del Tutto, facendo nascere le cose che giungono ad essere, dona la facoltà di crescere tutto ciò che è nato gettando, da una parte, la propria semenza, e avendo a disposizione dall’altra, materia mobile. O meglio, una volta mossa, la materia si riscalda e diviene fuoco e acqua, l’uno pieno di vigore e forza, l’altra passiva; essendo il fuoco opposto all’acqua, ne essicca una parte, così si è formata [la terra] che galleggia sull’acqua, l’acqua continuando ad essere essiccata ai bordi, libera dai tre elementi: acqua, terra, fuoco ed un vapore, così è nata l’aria. 3. Questi elementi entrano in combinazione secondo un rapporto armonico, il caldo con il freddo, il secco con l’umido, e, dal loro accordo, nasce un soffio e una semenza analoga al soffio che avviluppa. 4. Questo soffio, una volta caduto nella matrice, non resta inattivo nella semenza; dato che non resta inattivo, trasforma la semenza, ed essa, tramite questa trasformazione acquista crescita e grandezza77.
L’Hortolanus chiama Fermento, il soffio vitale unito alla semenza nutrice e lo considera l’Artefice della moltiplicazione della Sostanza, per successive distillazioni:
È come quando si fa il pane: un pochino di lievito nutre e fermenta una grande quantità di pasta cambiando in tal modo la sostanza della pasta in fermento; così il filosofo vuole che la nostra pietra sia talmente fermentata da servire come fermento alla sua propria moltiplicazione78.
Questa Operazione è il Padre e il Telesma di Tutto, cioè il Fine dell’Opera, nel senso di Risultato Finale.
Telesma deriva da verbo greco Teleo, un termine particolarmente significativo utilizzato per indicare sia le Iniziazioni ai Misteri, che la corretta esecuzione del rito iniziatico che trasforma e perfeziona chi vi assiste79.
Il suo equivalente latino è Initia, da cui deriva la consuetudine di tradurre il termine Teletè con la parola Iniziazione, nel senso di rito di passaggio che consente di passare da uno status a un altro e di accedere a una Gruppo chiuso che possiede specifiche conoscenze operative80. La Teletè è però superiore all’Iniziazione, perché presuppone non solo l’Inizio di un’opera di trasmutazione psico-fisica e nel nostro caso alchemica, ma anche la sua Fine, cioè la sua corretta realizzazione alla fine di un una serie di tappe rituali portate correttamente a compimento. Vi è dunque un parallelismo, introdotto da Zosimo, tra il perfezionamento della Materia attraverso una sequenza precisa di Operazioni e quella dell’Essere Umano, che deve superare una serie di prove per essere Iniziato ai Misteri dell’Alchimia.
Se le Operazioni sono dunque condotte perfettamente a compimento, allora, come diceva Aristotele, ogni Elemento che ha in se stesso il suo fine (l’Entelechìa), tenderà a muoversi verso il luogo che gli è congeniale per Natura, cioè tenderà in modo naturale verso la propria realizzazione e quindi perfezione, passando dalla potenza all’atto.
Se gli Elementi costituenti dell’Universo si comportano in questo modo, è lecito pensare che anche le Anime degli esseri umani, che sono formate da questi stessi elementi, possano farlo. E in effetti nel Kore Kosmu leggiamo che le Anime hanno abbandonato le sedi celesti che erano state assegnate loro81 e sono state incorporate nella Materia, per aver disubbidito a Dio. Questi Spiriti Divini possono però tornare alla loro gloria originale, purificandosi come in un processo alchemico di ascensione.
Anche la Materia Spirituale può dunque essere redenta nel fuoco e sollevata nello spirito, così come accadde a Ermete, Enoch, Cristo, la Vergine Maria, ecc., i quali, secondo le leggende, non sono morti, ma sono scomparsi da questo mondo insieme ai loro corpi, resi perfetti, cioè adatti a contenere le loro anime di fuoco82 su un altro piano di realtà.
È interessante notare che dalla parola Telesma discende anche il termine Talismano, attraverso l’intermediazione dell’arabo Tilsam e Tillsam, al plurale Talâsim. Per estensione di significato83 infatti con Telesma si intendono tutti quegli oggetti che siano stati consacrati84 per mezzo di un rito e il Talismano è proprio un manufatto fabbricato utilizzando la Legge delle Corrispondenze85 al fine di attirare in esso specifiche proprietà celesti e terrestri86. Curiosamente pare che alcuni Alchimisti utilizzassero il testo stesso della Tavola di Smeraldo come un Talismano, inserendolo tra le righe di un libro o incidendolo sulle pareti dei laboratori87, in modo da attrarre ulteriori influenze positive sullo svolgimento del loro Lavoro.
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F) SEPARABIS TERRAM AB IGNE, SUBTILE A SPISSO, SUAUITER, CUM MAGNO INGENIO.
F1) Separerai la Terra dal Fuoco, il sottile dallo spesso, dolcemente e con grande industria.
F2) Separerai la terra dal fuoco, l’impalpabile dal compatto, ma con delicatezza e con grande attenzione.
L’Hortolanus ci spiega che separare vuol dire dissolvere: «perché la dissoluzione è la separazione delle parti, la Terra dal Fuoco, il Sottile dallo spesso, cioè la feccia e l’immondezza del fuoco, dell’aria, dell’acqua e di tutta la sostanza della Pietra, di modo che essa rimanga interamente senza sporcizia88».
Durante la Distillazione due sono le fasi necessarie alla Purificazione89 della Sostanza dalle impurità (fecibus), in modo che la sua potenza (cioè la sua Concentrazione) resti intatta durante la riconversione dallo stato gassoso a quello liquido: la Deflammazione e la Rettificazione.
Nel caso delle sostanza alcoliche, la deflemmazione è l’operazione necessaria a ottenere una concentrazione più pura possibile, attraverso il susseguirsi di distillazioni di un liquido sempre più concentrato, ricavato da successive condensazioni.
La rettificazione riguarda, invece, la separazione delle sostanze buone da quelle che sono tossiche o che indeboliscono la concentrazione della sostanza che si vuole ottenere. Si utilizza allora una Colonna di frazionamento, nella quale avviene la separazione tra sostanze con punto di ebollizione diverso, con conseguente eliminazione di quelle indesiderate. Nella Colonna, la prima e l’ultima parte del distillato sono chiamate rispettivamente Testa e Coda e sono composte da sostanze nocive e sgradevoli che vengono buttate. La parte intermedia, chiamata Cuore è quella considerata buona e viene conservata. Poiché molte sostanze dannose possono essere trasportate nel Cuore dai vapori, l’abilità dell’Alchimista sta nel saper tagliare con destrezza, le Teste e le Code del Drago (o Serpente Alato) che si morde la coda.
Nel Dialogo con il Re Calid, l’alchimista Morieno, parla dell’importanza del processo di Purificazione, ricordando che durante il Magistero il Corpo Morto, da cui è uscito lo Spirito, deve essere Rianimato, cioè lo Spirito deve rientrare nel Corpo che però deve essere stato purificato, altrimenti non si otterrà niente:
[…] se non pulite perfettamente il Corpo impuro: se non lo disseccate, se non lo rendete bianco, se non l’animate facendovi entrare l’anima e se non togliete tutto il suo cattivo odore, in modo che dopo aver pulito, la Tintura cade su di lui e lo penetra, non avete fatto niente del Magistero, non avendo osservato bene il Regime90»; «Quale bene si può sperare, se la cosa, cioè l’Acqua Mercuriale, che è la cosa principale e il solo Agente del Magistero, non agisce essa stessa e non si unisce a lei il corpo puro e perfetto e sia un solo e stesso corpo91 ?
Gli Alchimisti descrivono la Purificazione in modo suggestivo e cruento, come una sorta di “tortura necessaria”, che porta alla Morte e alla Putrefazione delle “Carni”, ma si conclude con la Resurrezione della Sostanza in un Corpo di Gloria, avvicinando le operazioni alchemiche ai tormenti del Cristo/Serpente “cruci-fixo. Nel Testamento di Ga’far Sadiq si legge che «i corpi morti, devono essere torturati nel Fuoco attraverso tutte le Arti della Sofferenza per poter resuscitare: perché, senza sofferenza e senza morte, non si può raggiungere la Vita eterna92.» Jung riteneva che le “torture” a cui era sottoposta l’Acqua, attraverso il Fuoco, corrispondessero all’allegoria dello smembramento del corpo umano93, che secondo Mircea Eliade, sarebbe stato un retaggio del più antico Sciamanesimo dei Culti Metallurgici94.
Zosimo identificò le fasi alchemiche, con un personaggio di nome Jon, che gli apparve in un sogno e che per tutto il tempo venne squarciato con la spada, tagliato a pezzi, decapitato, scorticato, bruciato nel fuoco, per “poter cambiare il proprio corpo in spirito”. Una immagine molto simile si ritrova nello Splendor Solis, dove viene così descritta:
Io ti ho ucciso, e ho fatto il tuo corpo a pezzi, alfine di beatificarti e farti rivivere di una più lunga e felice vita, che tu non hai provato prima che la morte cospirasse contro di te per il colpo della mia spada; ma io nasconderò la tua testa affinché gli uomini non ti possano riconoscere, e non ti vedano più nella stessa spoglia mortale che avevi prima e brucerò il tuo corpo in un vaso di Terra dove io lo rinserrerò, affinché essendo in poco tempo imputridito, possa maggiormente moltiplicarsi e riportare una gran quantità di frutti migliori95.
La seconda parte della frase spiega che per uccidere, torturare, purificare la Sostanza, facendo uscire e rientrare lo Spirito nel Corpo, è necessario che il composto raggiunga il giusto punto di ebollizione.
Il segreto della Distillazione è quindi tutto nel Controllo accurato della temperatura, onde evitare di bruciare tutto o di far salire nel Cuore anche le sostanze nocive. Considerando la limitata strumentazione scientifica dell’epoca è evidente che imparare a padroneggiare l’Arte del Fuoco, cum magno ingenio, era un’azione assai complessa, frutto di anni di costante sperimentazione ed esperienza, che difficilmente poteva essere trasmessa con precise indicazioni sui gradi centigradi, soprattutto in mancanza di un oggetto come il Termometro, il cui primo esemplare fu realizzato da Galileo Galilei solamente nel 160796.
Tutto ciò che gli Alchimisti potevano fare era ricorrere a criptiche e affascinanti allegorie usate come una sorta di linguaggio di mestiere, per addetti al lavori, come quello della Turba dei Filosofi:
Suo padre è il Sole e sua madre è la Terra” egli intendeva indicare il loro aspetto Maschile e Femminile. Essi sono i due Uccelli legati nelle immagini [che ho dato] all’inizio dell’operazione; e da essi vengono prodotte le Tinture Spirituali. E analogamente essi si trovano alla fine dell’operazione. […] Ermete disse: è necessario estrarre lo Spirito con Fuoco Gentile poiché questo Spirito, la cui estrazione deve essere condotta mediante fuoco gentile come [il calore di] un uccello che cova, è lo Spirito che impartisce le Tinture alle Nature e tormenta le Nature, in quanto il suo zolfo era precedentemente combustibile; ma ora diviene incombustibile e colora come la Tintura di Porpora; ed è lo Spirito dei Corpi, perché è uno Spirito che è stato estratto97.»; «L’emissione o l’assorbimento dello spirito risulta dalla violenza o moderazione del fuoco che deve essere regolato affinché lo spirito sia conservato98»; «Tutta l’arte consiste nei fuochi leggeri99.» ; «Il vicaio disse: sappiate che senza fuoco niente è generato; mettete la vostra Composizione nel suo vascello100 e fate fuoco moderato, guardatevi dal fuoco violento … Pitagora disse: guardatevi dal fare fuoco troppo forte all’inizio perché è nemico della freddezza e se lo cuocete bene e gli togliete il nero, diventa Pietra simile al Marmo di estrema bianchezza. Lanus disse: e sappiate che l’Aceto, se fate troppo fuoco si volatilizza, perché è spirituale … perciò vi ordino di governarlo saggiamente e con un piccolo fuoco, perché il piccolo fuoco è sempre la causa che fa raccogliere il calore dello Zolfo dissolto. Altrimenti non farete niente101.
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G) ASCENDIT A TERRA IN COELUM, ITERUMQUE DESCENDIT IN TERRAM, ET RECIPIT UIM SUPERIORUM ET INFERIORUM.
G1) Sale dalla Terra al Cielo e nuovamente discende in Terra, e riceve la forza delle cose superiori e inferiori.
G2) Sale dalla terra al cielo e poi ridiscende sulla terra, e associa il potere di quanto è sopra e di quanto è sotto.
L‘immagine visiva del Processo di Distillazione è riassunta in questa frase, che se presa da sola potrebbe quasi sembrare un indovinello. Leggendola sembra di vedere un Alchimista con il naso incollato al vetro dell’alambicco, mentre guarda la miscela che continuamente si vaporizza e si ricondensa restandone affascinato, come uno Scienziato che osserva un istante cosmico fissato in una foto che mostra una Galassia fatta di Nebulose Gassose e di Stelle, lontane anni luce dalla sua possibilità di comprensione.
La natura di questo passo è chiaramente operativa, ma niente ci vieta di trovare anche qui parallelismi con la Circolazione Cosmica degli Spiriti, cioè delle Anime degli esseri umani, che nel Kore Komsou, desiderano tornare alle loro sedi Celesti, più vicine a Dio. Questi Spiriti, come quelli dei composti minerali e vegetali, si spostano su e giù tra il Macrocosmo e il Microcosmo, tra il Cielo e la Terra, grazie all’influenza delle Energie dei Pianeti, così come veniva rivelato anche nei Culti Misterici Stellari. Il meccanismo di Ascesa e Discesa delle Anime immortali, è spiegato nel frammento Ermetico numero XXVI, il Discorso Iside a Horus, sull’Incarnazione e la Reincarnazione delle anime:
Lo spazio compreso tra la terra e il cielo è diviso in regioni, o figlio mio, Horus, con misura e giusta proporzione. Queste regioni sono chiamate dai nostri avi sia zone, sia firmamenti o anche pieghe. E di là che le anime vanno e vengono, sia quelle che si sono liberate dai corpi che quelle che non si sono ancora incarnate. Ognuna di queste anime, figlio, occupa una regione in relazione ai suoi meriti: così le anime divine e regali abitano le regioni più elevate; le anime inferiori per dignità e tutte quelle inclinate verso la terra, abitano nella regione inferiore; le anime intermedie abitano nella regione intermedia. 2. Dunque, Horus, figlio mio, le anime inviate quaggiù per regnare discendono dalle regioni più alte, e, una volta liberate, ed è anche verso queste stesse zone che esse ritornano, o anche più in alto ancora, salvo quelle che hanno commesso qualche azione contraria alla dignità della loro natura e ai precetti della legge divina: quanto a queste, la Provvidenza dall’alto le esilia nelle regioni più in basso in relazione ai loro peccati, per contro essa fa mutar loro posto se hanno progredito. Quindi le anime inferiori [si accrescono] in potenza e dignità, dato che la Provvidenza le fa salire dalle regioni più basse a quelle più nobili e alte102.
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H) SIC HABEBIS GLORIAM TOTIUS MUNDI. IDEO FUGIAT A TE OMNIS OBSCURITAS.
H1) Con questo mezzo avrai la gloria di tutto il mondo e per mezzo di ciò l’oscurità fuggirà da te.
H2) Così avrai la gloria di tutto il mondo e ogni tenebra si allontanerà da te.
Riuscire a compiere correttamente l’Operazione alchemica viene paragonato alla riuscita di un’impresa straordinaria, che non sembra condurre verso possibili guadagni materiali, ma semmai verso una Conoscenza che solleva lo Spirito, arricchendolo come una miscela.
L’Alchimista è invitato a non scoraggiarsi, perché dopo aver vagato a lungo nelle tenebre dell’ignoranza, alla fine riceverà l’Illuminazione che cerca, recuperando quella vista superiore, che è il sintomo iniziale della reintegrazione dell’Anima alla sua sede Celeste.
Nel Kore Kosmou, le Anime immortali costrette a vivere nei corpi si lamentano proprio della Cecità a cui sono state obbligate, ritrovandosi nel punto più lontano dalla Luce Divina:
Le anime, che non appartengono più a Dio, non avranno altro che occhi dallo sguardo limitato, e a causa di quella cosa umida e rotonda che è in essi, noi non potremo vedere che molto piccolo il nostro antenato Cielo, non smetteremo di gemere e a volte saremo prive dello sguardo (a questo proposito Orfeo: è dal chiarore solare che giunge lo sguardo: gli occhi di per sé non vedono nulla”). Effettivamente sfortunate, eccoci condannate, non ci è fatto assolutamente dono della vista, poiché senza luce, non ci è concesso di esercitarla: questi non sono che dei sostituti d’occhi e non occhi103.
A ben guardare però l’esilio delle Anime Ribelli non è una vera punizione, perché in un Mondo Perfetto non dovrebbe essere possibile avere desideri sbagliati, senza contare che le Anime, avendo in se stesse la loro Entelechia, non possono che tornare là da dove provengono, quindi come avrebbero potuto allontanarsene, desiderando un luogo diverso che non possono neanche immaginare per loro stessa Natura? Se il peccato delle Anime è stato quello di non accontentarsi, di voler vedere cosa c’era oltre ciò che era stato fissato per loro, arrivando ai Confini dell’Universo esteriore e interiore per comprendere il Senso dell’Esistenza, allora la loro punizione corrisponde alla concessione stessa di poter soddisfare questa curiosità.
Non si tratta quindi né di un castigo, né di un premio, ma di un Dono.
Il Dio degli Ermetisti infatti è una Divinità che si Specchia in Se Stessa e si espande sia sul piano fisico che su quello psichico come l’Egemonikòn104 degli Stoici e per questo, come dice Giamblico, forse:
Dio, fin dagli inizi, ha inviato quaggiù le anime con l’intenzione che poi tornino a lui. Non vi è dunque cambiamento (nel piano divino), né conflitto tra la discesa e la risalita delle anime. In effetti, come nel tutto, il divenire e questo mondo dipendono dall’essenza intellettiva, così pure, nell’ordine delle anime, la liberazione dal divenire pur si concilia con le preoccupazioni del mondo creato105.
Tematiche come quelle del Paradiso Perduto, del Peccato Originale e del Peccato di Orgoglio si trovano dunque anche nel Kore Kosmou, ma non devono far pensare che l’Ermetismo sia una Filosofia pessimistica, fideista, trascendente, vittimistica, penitenziale e nemica del Progresso. Si tratta semplicemente di una contaminazione culturale tipica del sincretismo dell’epoca romana, rielaborata però alla luce dell’Ermetismo. Gli Alchimisti non considerano infatti la Materia una Prigione da cui fuggire, come gli Gnostici e gli Orfici, ma al contrario vedono il Mondo come un luogo nel quale ogni cosa può trasmutare se stessa e raggiungere la propria perfezione potenziale.
Il fine di Tutto non è la Reintegrazione a uno stato precedente perfetto e perduto (visto che prima semmai regnava il Caos), ma una Evoluzione a uno Stadio Superiore106 che conduca il Mondo della Molteplicità a ottenere quell’Autocoscienza necessaria a rendersi conto di essere Uno con il Tutto. Ogni Cosa, per gli Alchimisti, è un Pensiero della Mente di Dio, «rassomigliante» al Divino «nella specie» e differente «nel grado107», perché la Materia, secondo la Fisica Nucleare, non è che una Illusione, in quanto Tutto è Energia e Vibrazione di diversa intensità.
Non si tratta ovviamente di un premio di cui vantarsi, ma di una responsabilità che l’Alchimista si assume davanti a Ermete Trismegisto, impegnandosi a Divulgare l’Arte e Guarire Corpi e Anime. Lo stesso incarico che, secondo il Kore Kosmou, fu affidato a Iside e Osiride i quali “conobbero a fondo” i segreti degli scritti di Ermete e furono da lui istruiti “riguardo ai segreti ordinamenti di Dio”, divenendo così «iniziatori e legislatori delle arti per l’umanità, ed anche delle scienze come delle occupazioni di sorta»:
Sono loro, che avendo appreso da Ermete, le cose di quaggiù hanno ricevuto dal Creatore l’ordine di porle in simpatia con quelle di lassù. Hanno istituito sulla terra le sacre funzioni verticalmente legate ai misteri del cielo. Sono loro che, avendo riconosciuto la corruttibilità dei corpi, hanno ingegnosamente creato l’eccellenza in tutto dei profeti, […] in modo che filosofia e magia nutrano l’anima e che la medicina guarisca il corpo, quando è afflitto da qualche male108.»
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I) HIC EST TOTIUS FORTITUDINIS FORTITUDO FORTIS; QUIA UINCET OMNEM REM SUBTILEM, OMNEMQUE SOLIDAM PENETRABIT.
I1) È la forza forte di ogni forza: perché vincerà ogni cosa sottile e penetrerà ogni cosa solida.
I2) Questa potenza è potente più di tutta la potenza, perché dominerà ogni cosa impalpabile e penetrerà ogni cosa solida.
La Forza forte di ogni Forza (estratta cioè da un composto mediante Distillazioni ripetute) è l’essenza concentrata di una sostanza con la quale si possono tingere, fondere e trasformare altre sostanze. Alcuni la identificano con il Vetriolo, o meglio l’Acido Solforico, perché questo è un liquido corrosivo che può “penetrare ogni cosa solida”. L’Acido Solforico funziona, infatti, come agente disidratante e come un reagente in quei processi chimici dove sia richiesto un acido forte in mezzo acquoso. È utilizzato in metallurgia, nella lavorazione e pulitura dei metalli preziosi, nella tintura della lana e della seta, nella produzione degli esplosivi, ma anche in quella della carta pergamena. Ha impieghi in così tanti campi da essere considerato, non a caso, “il più importante dei prodotti chimici109”.
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L) SIC MUNDUS CREATUS EST. HINC ERUNT ADAPTATIONES MIRABILES, QUARUM MODUS HIC EST.
L1) Così è stato creato il mondo. Da ciò saranno e diverranno meravigliosi adattamenti, il cui metodo è qui.
L2) Così il mondo fu creato. Da qui sorgeranno mirabili corrispondenze; questa è la loro regola.
Secondo l’Autore, tutto quello che ci serve sapere per Operare meravigliose trasformazioni, si trova scritto nelle Tabula Smaragdina.
Ritroviamo la parola adaptatione a ribadire la differenza che c’è tra la Divinità Creatrice e l‘Alchimista Demiurgo. Nel Kore Kosmou e nel Libro dei Segreti della Creazione (che contiene la nostra Tabula) la nascita del Mondo è descritta come un atto Alchemico della Divinità, la quale si autogenera e trae da se stessa le sostanze prime, con le quali da forma al Tutto.
L’Alchimista, al contrario, non può creare niente che già non esista in potenza, essendo lui stesso parte della Creazione. Egli è dunque più simile a un Artigiano che imita un modello creativo preesistente, utilizzando la Materia e i Metodi che la Divinità gli ha messo a disposizione.
Per giustificare il suo intervento nelle cose della Natura, l’Alchimista vede se stesso come una sorta di aiutante, di “Ostetrico” di Madre Terra110, che impara a operare tutte quelle mirabili corrispondenze che sono possibili grazie all’Anima Mundi, il Soffio Divino immanente e razionale, che tiene unito il Tutto con le sue Parti.
Il Pneuma si manifesta nell’alambicco come Vapore Acqueo che contiene la Sostanza Volatile e permette la Congiunzione delle Opposte Sostanze a imitazione della Cosmologia Egizia, nella quale tra la Dea del Cielo, Nut e il Dio della Terra, Geb, si trova il Dio dell’Aria, Shu. Il compito di questo Dio era quello di tenere separati il Cielo e la Terra, affinché non se ne stessero uniti in un eterno amplesso, che impediva alla Vita di germogliare. Nel momento in cui Nut e Geb furono separati nacquero 4 figli (quattro come gli Elementi111) e secondo una versione del mito fu proprio grazie a Thot, che il Basso e l’Alto poterono concepire la Vita e la sua Molteplicità112.
Anche Eliphas Levi fa riferimento al Potere della Congiunzione degli Opposti e all’Agente Universale come origine di ogni rapporto di analogia e armonia nel Mondo, che produce i meravigliosi adattamenti promessi dalla Tabula, dicendo che:
Queste sono le conseguenze obbligate del grande dogma Kabbalistico della distinzione dei contrari per giungere all’armonia grazie all’analogia dei rapporti. Questo dogma, una volta riconosciuto e una volta attuata universalmente l’applicazione delle sue conseguenze porta alla scoperta dei più grandi segreti delle simpatia e antipatia naturale, della scienza del governo, sia in politica che nel matrimonio, della medicina occulta in tutte le sue ramificazioni, sia magnetismo, sia omeopatia, sia influenza morale, e d’altra parte, come spiegheremo, la legge dell’equilibrio e dell’analogia ha portato alla scoperta, di un agente universale, che è stato il grande arcano degli alchimisti o dei maghi del medio evo113.
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M) ITAQUE UOCATUS SUM HERMES TRISMEGISTUS, HABENS TRES PARTES PHILOSOPHIÆ TOTIUS MUNDI.
M1) È per ciò che sono stato chiamato Hermes Trismegisto, avendo le tre parti della filosofia di tutto il mondo.
M2) Per questo io sono chiamato Ermete tre volte Grande, perché io governo le tre parti della saggezza del mondo tutto.
Ermete è conosciuto come il Trismegisto, cioè il tre volte grandissimo114, grazie alle sua Conoscenze, che compongono le 3 parti della Saggezza del Mondo.
Secondo l’Hortolanus queste Conoscenze sono una allegoria dei 3 Regni Minerali, Vegetali e Animali, che tutti insieme formano il Cosmo Uno e Trino, ma anche dei 3 Elementi principali della Distillazione: il Fuoco, la Materia Prima, e la Sostanza Volatile contenuta nel Vapore Acqueo. L’idea di una divisione della Filosofia in tre parti, non è una cosa nuova. Si ritrova anche in Platone e nelle Dottrine degli Stoici. I Tre Campi del Sapere di Ermete potrebbero essere:
1) la pratica dell’Alchimia, che come scienza protochimica, aveva applicazioni tanto nella Medicina che nell’Industria Chimica, Tessile e Metallurgica;
2) la Filosofia Ermetica, che ne rappresentava l’aspetto Filosofico, Mistico ed Esoterico, il cui fine era la Spiritualizzazione del Mondo
3) la Magia o Astrologia, che cercava di dare all’osservazione empirica, una spiegazione razionale delle leggi cosmiche sottili, che regolavano i rapporti tra le cose superiori e inferiori, mostrando contemporaneamente come l’influenza divina operasse e vegliasse sul Mondo da dentro e da fuori.
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N) COMPLETUM EST QUOD DIXI DE OPERATIONE SOLIS.
N1) Ciò che ho detto dell’operazione del Sole è compiuto e perfetto.
N2) Si è concluso quanto io ho detto circa l’azione del Sole.
L‘Alchimia, come la Metallurgia, era conosciuta come l’Arte di padroneggiare il Fuoco115, perché tutte le trasformazioni operate per mezzo del calore sono processi chimici116:
L’Alchimista, come il fabbro e, prima di questi il vasaio, è un “signore del fuoco”. È per mezzo del fuoco che egli opera il passaggio della materia da uno stato a un altro. Il vasaio che per primo riuscì, servendosi della bracia, a indurire a sufficienza le “forme” che aveva dato all’argilla, dovette sentire l’ebrezza dei un demiurgo: aveva appena scoperto un agente della trasmutazione. Ciò che il calore “naturale” – quello del sole o del ventre della terra – maturava lentamente, il fuoco lo faceva a un ritmo inimmaginabile. […]. esso era, dunque, la manifestazione di una forza magico religiosa che poteva modificare il mondo e che di conseguenza, non apparteneva a esso. È questa la ragione per cui già le culture più arcaiche immaginavano lo specialista del sacro – lo sciamano, l’uomo di medicina, il mago, come un “signore del fuoco”. La magia primitiva e lo sciamanesimo implicavano il “dominio del fuoco”, sia che l’uomo medicina possa toccare impunemente la brace, sia invece che possa produrre nel proprio corpo “un calore interiore”, che lo rende “cocente”, “ardente” […]117
L’Azione del Sole118 è dunque quella di fornire il Fuoco, cioè il Calore necessario alla Distillazione. Di conseguenza, forse, le operazioni descritte nella Tabula andrebbero compiute sottoponendo l’Alambicco direttamente alla “viva luce solare”. Il Lindsay, a questo proposito (citando Berthelot, 1827-1907) ci dice che:
È anche necessario esaminare la questione dei momenti favorevoli. Egli [?Ermete] afferma che il pneuma dovrebbe essere separato dal fiore dall’azione del sole e la macerazione dovrebbe continuare fino a primavera, e quindi, dopo ciò, a ogni epoca favorevole il pneuma dovrebbe essere sottoposto al fuoco, così che l’oro possa essere valido per l’uso. Egli sostiene che la viva luce solare produce questo, dal momento che, secondo lui, ogni cosa viene compiuta mediante il Sole119.
Come abbiamo visto, però, si può far ricorso all’analogia delle quattro differenti temperature Stagionali, anche per indicare i diversi regimi del Fuoco e quindi l’espressione “Operazione del Sole” si potrebbe riferire non solo al Sole, “Padre dell’Operazione”, ma anche al Fuoco materiale.
Tra le righe potrebbe però celarsi anche un’allusione alla Natura Ignea dell’Acido Solforico, dato che gli Alchimisti distinguevano tre tipi di Calore, quello naturale, proveniente dal Sole, quello innaturale, ottenuto con mezzi artificiali120, e infine quello contro natura, determinato dall’azione di acque forti, composte da spiriti corrosivi.
Il Sole, alla fine, sarebbe quindi una specie di immagine simbolica complessa121, che racchiude più livelli di significato, collegati tra sé. Il gergo alchemico è infatti un linguaggio allegorico, come quello esoterico, che attivando il nostro pensiero laterale ci insegna a ricercare la Verità su più livelli, utilizzando una stessa parola per esprimere più cose tra sé legate, creando così una visione d’insieme simile a una sorta di Mappa Mentale, gerarchico-associativa.
IL VITRIOL e la TABULA SMARAGDINA HERMETIS
Tra il 1588 e il 1595122 apparve un Emblema alchemico chiamato Tabula Smaragdina Hermetis associato a un piccolo poema che ne illustrava il significato.
A partire dalla metà del XVII secolo, questa immagine, nota anche come il Sigillo Ermetico di Ermete, apparve nelle Opere di numerosi Alchimisti, congiunta, per «concordanza di contenuti123», al testo della Tavola di Smeraldo (Verba Secretorum Hermetis).
La ritroviamo quindi nel frontespizio dell’Aureum Vellum di Salomon Trismosin (Rorschach, 1598), nell’ Occulta Philosophia di Basilio Valentino124 (Francfort, 1613), nel Viridarium Chymicum di Daniel Stolcius von Stolcenberg (Francfort, 1624), nell’ABC dei Rosacroce (1785, qui riprodotto) e in molti altri scritti ancora.
L’immagine è circondata dalla formula «Visita Interiora Terrae Rectificando Invenies Occultum Lapidem», le cui iniziali formano l’acrostico V.I.T.R.I.O.L. .
Come già sappiamo con il termine Vitriol veniva comunemente chiamato l’Acido Solforico125, che si ritiene fosse la Sostanza segreta della Tavola di Smeraldo.
Il significato della frase, traducibile come, Visita l’Interno della Terra e Rettificando Troverai la Pietra Nascosta, è incentrato sul verbo Rectificare e nasconde un doppio significato: fisico e metafisico.
La Rettificazione, come abbiamo visto, è una operazione di Purificazione del processo di Distillazione che divide il Cuore del composto dalle Teste e dalle Code di una velenosa Idra. Sul piano Spirituale la Rettificazione è invece un monito a trovare ed escludere dalla nostra Anima quelle componenti pericolose, che possono intossicare la nostra Vita e quella degli altri126 .
L’acrostico del V.I.T.R.I.O.L. «crea un legame con un altro cimelio dell’arte ermetica, la “porta magica” di piazza Vittorio, come risulta da una epigrafe del “palazzino” di Villa Palombara, le cui iniziali formano la parola VITRIOLVM127». L’aggiunta delle lettere finali V128 e M, che si dice stiano per Veram Medicinam, sembrano rifarsi nuovamente al Vetriolo o Acido Solforico. Si ritrova, infine, e non a caso, anche nel Gabinetto di Riflessione come parte integrante della Cerimonia di Iniziazione Massonica.
Per quanto riguarda l’Emblema, esso dovrebbe tradurre in immagini le allegorie della Tavola di Smeraldo. La spiegazione della figura si trova in appendice al Toson d’Oro129 e riguarda la natura duale degli elementi e quella settenaria delle Fasi dell’Opera. In essa sono presenti tre Scudi Araldici, nei quali si distinguono un’Aquila a due teste, una Stella a 7 Punte e un Leone, alternati a due Globi, quello Celeste e quello Terrestre.
ALTRE TAVOLE ATTRIBUITE A ERMETE TRISMEGISTO: LA TAVOLA DI RUBINO E LE 12 TAVOLE DI THOT.
Durante le mie ricerche sulla Tavola di Smeraldo mi sono imbattuta in altre due Tavole attribuite a Ermete Trismegisto, che hanno attratto la mia curiosità: la Tavola di Rubino e il libro delle 12 Tavole di Thot.
A) LA TAVOLA DI RUBINO
La Tavola di Rubino viene riportata su numerosi forum e siti web senza citarne la fonte e senza alcun apparato critico, proponendola semplicemente come opposta o complementare a quella di Smeraldo. L’unico riferimento concreto che sono riuscita a trovare è un libro di Gastone Ventura dal titolo: Il Mistero del Rito Sacrificale con in Appendice i testi della Tavola di Smeraldo e della misteriosa Tavola di Rubino. Il Ventura specifica che il testo è praticamente sconosciuto e che lo inserisce apposta perché sia messo a confronto con la Tavola di Smeraldo:
Affinché il benevolo lettore abbia a sua immediata disposizione il noto testo della Tavola di Smeraldo e quello molto meno noto e pressoché sconosciuto della Tavola di Rubino, confrontandoli e traendone utili cognizioni, riproduciamo i due documenti.
Il Testo della Tavola è diviso in 12 aforismi che ho trascritto testualmente dal libro130 (nei testi sul Web in genere si riscontrano errori di trascrizione131):
Non è certo né verissimo quanto la mente della creatura concepisce; Incomprensibile vero è il Creatore. Ciò che è in alto non è come ciò che è in basso. All’alto la magnificenza dell’Unità, al basso la miseria della molteplicità, che par tutto ed è nulla.
E poiché tutte le cose partecipano della molteplicità esse tanto meno sono Verità, Vita, Bene, quanto più si distanziano dall’Uno.
Ecco il numero, il molteplice, l’involucro, il cadavere dell’Uno: suo padre (fu) il desiderio della terra, sua Madre l’ignoranza. Il Sole dissolse la carogna ed il Vento disperse il fetore del frutto dei due.
Questo desiderio ha creato gli Eroi, i demoni e gli dei; questa ignoranza si è riversata su tutto il possibile, confondendo ogni tradizione ed il Tre.
Ed ha regnato nel Male, nel Sangue, fuori dalla Rosa, nell’Abbominio del quattro.
Unirai l’uno col due, l’Uno con i molti, il soffio col Sé, delicatamente, con grande cura, fino al nove, saltando il cinque.
Poiché discende dal Cielo alla Terra e risale in Cielo disperdendo le forze inferiori nella Forza Superiore indefinibile, che si compie nel sei.
Allora, figlio del desiderio, sarai come gli dei, i demoni e gli eroi, padrone dell’oscurità e della luce dei Sette.
(In ciò) consiste la sapienza, sapiente di ogni sapienza; sarai tanto grande da essere indefinito e indefinibile. Vincerà chi (pesa) di più sulla bilancia dell’Otto.
Così il mondo (inventò) i suoi ideali. Si può adattare questo Arcano a qualunque (cosa): serpeggiando, vibra come corda di cetra e si fa numero caduco. Anche ogni causa seconda.
Pertanto io fui chiamato Annunciatore di Thot, più schiavo della causa della ragione, che amico della ragione stessa.
(Quanto detto) delle umili operazioni di Urano e di Saturno serva di prima guida ai desiderosi: Osiride è un Dio Nero.
Non avendo trovato, per il momento, altre informazioni (neanche nei siti in lingua straniera) non mi è possibile affermare con certezza chi ne sia l’Autore oppure se la Tavola di Rubino sia una geniale invenzione del Ventura (1906-1981). Di certo non può essere stata scritta prima del 1784, in quanto il pianeta Urano, citato alla fine del testo, è stato avvistato la prima volta solo nel 1690 e ha assunto questo nome solo tra il 1784 e il 1827. Un altro particolare importante è l’enigmatica frase finale: Osiride è un Dio Nero, che deriva dal famosissimo libro: La Storia della Magia, di Eliphas Levi (1810-1875) pubblicato nel 1860. Questa frase è stata ripresa anche da Aleister Crowley (1875-1947) nel suo Rituale XXVIII – La Cerimonia dei 7 Santi Re, che tratta delle Energie dei Sette Pianeti, citati anche nella Tavola di Rubino, laddove si parla della Luce dei Sette.
Considerando altri elementi quali l’espressione Figlio del Desiderio e il suo contenuto cabalistico132, si potrebbe ritenere che il testo provenga dall’ambiente Martinista, nel quale il Ventura occupava i più alti gradi.
Il Martinismo nacque intorno alla figura e agli insegnamenti di Louis-Claude de Saint-Martin (1743-1803) che scrisse un libro intitolato l’Uomo del Desiderio (1870-1802), un testo nel quale parlava dell’Anima Umana afflitta per essere caduta nella Materia e del suo Desiderio di Reintegrazione con il Divino: unica strada per ritornare nello stato di Grazia, cioè alla condizione primordiale di Adam Kadmon.
I Temi della Caduta, della Reintegrazione e dell’Androgino Primordiale, ricordano quelli del Frammento Ermetico XXIV del Kore Kosmou, in cui Horus chiede a sua Madre come si creino le Anime maschili e femminili e Iside risponde:
Le Anime, Horus, figlio mio, sono tutte della stessa natura poiché provengono da un unico e identico paese, dove il Creatore le modella, ed esse non sono né maschili né femminili, poiché una simile condizione non vale che per i corpi e non per ciò che è incorporeo133.
Le somiglianze finiscono qui, perché anche se la Via Cabalistica Magico-Cristiana dei Martinisti e la Via Ermetica affondano le radici nel medesimo humus culturale la loro concezione religiosa è molto diversa. L’Alchimia originaria ha per sua natura una visione Panteistica, Immanentistica e Positiva della Realtà e il fatto che molti autori tendano ad attribuirle invece una visione delle cose Trascendente e Pessimista, deriva dalle alterazioni che questa ha subito nel venire rivisitata in chiave Cristiana, così come è successo alla Cabala Ebraica.
Probabilmente anche la Tavola di Rubino è un tentativo di reinterpretazione della Tavola di Smeraldo in chiave Martinista e il Ventura in qualche modo ce lo conferma cercando di convincerci che le due Tavole «sembrano – e sono – il completamento l’una dell’altra134, quantunque la prima sia una chiave alchemica e la seconda una chiave Kabbalistica135».
La Spiritualizzazione della Materia è sicuramente lo Scopo ultimo della Cabala come dell‘Alchimia Spirituale, ma mentre nella Tavola di Smeraldo questo aspetto deve essere intuito, sotto un pesante strato di indicazioni tecniche, nella Tavola di Rubino è espresso più chiaramente. Nella Tavola di Rubino si tenta quindi di accordare la visione immanente con quella trascendente, quella ideale con quella realistica (come del resto cerò di fare anche Zosimo), riflettendo più profondamente sulla natura distruttiva e autodistruttiva dell’Essere Umano.
Il testo ci dice infatti che ciò che è in alto è simile, a ciò che è in basso, ma non è uguale136. Tra le Cose superiori e quelle Inferiori, c’è un Abisso, “in tutti i sensi137”, «all’alto la magnificenza dell’Unità, al basso la miseria della molteplicità, che par tutto ed è nulla». Il Padre di questa Grande Illusione è il Desiderio per le cose Materiali e sua Madre è l’Ignoranza che ne deriva e che la Alimenta. Il Male, quindi, si propaga, scegliendo di non cambiare, quando cioè le Anime non seguono la loro naturale predisposizione a migliorarsi, ma preferiscono vivere secondo le modalità esistenziali dell’Avere, invece di quelle dell’Essere138.
Tralasciando le metafore cabalistiche di cui è intriso il testo, che fanno riferimento all’Albero della Vita come a una Bilancia e ai significati delle varie Sephiroth in rapporto all’esperienza Cristiana Esoterica, il messaggio di fondo della Tavola di Rubino è che gli Esseri Umani vivono in uno stato di Miseria Spirituale perché non fanno niente per migliorarsi, pur avendone i mezzi, ma anzi ne abusano139 per regnare «nel Male, nel Sangue, fuori dalla Rosa, nell’Abbominio del quattro».
La Tavola si conclude con la suggestiva frase Osiride è un Dio Nero la cui cripticità ci costringe a citare per intero il brano del libro di Levi, da cui è tratta:
Secondo i simboli del kabbalismo, Dio è sempre rappresentato da una doppia immagine, l’una dritta e l’altra capovolta, una bianca e una nera. I Saggi hanno voluto esprimere in questo modo l’elaborazione intelligente e quella volgare della medesima idea, il dio della luce e il dio dell’ombra; è a questo simbolo mal compreso che bisogna riferire l’origine dell’Ahariman dei Persiani, questo archetipo nero e divino di tutti i dèmoni; il sogno del re infernale, infatti, non è che una falsa idea di Dio. La Luce sola, senz’ombra, sarebbe invisibile, per i nostri occhi; e produrrebbe un abbagliamento equivalente alle tenebre più profonde. Nelle analogie contenute in questa verità fisica, ben compresa e ben meditata, si troverà la soluzione del più terribile dei problemi: l’origine del male. Ma la conoscenza perfetta di questa soluzione e di tutte le sue conseguenze, non giunge alle moltitudini, che non devono entrare tanto facilmente nei segreti dell’armonia universale. Così quando un iniziato ai Misteri di Eleusi aveva percorso trionfalmente tutte le prove, quando aveva raggiunto e toccato le cose sante, se veniva giudicato abbastanza forte da poter sopportare l’ultimo e il più terribile dei segreti, un prete gli si avvicinava correndo e gli lanciava nell’orecchio queste parole enigmatiche: «Osiride è un dio nero». Così questo Osiride […], questo divino sole religioso d’Egitto, si eclissava improvvisamente, e non rimaneva altro che l’ombra della grande e indefinibile Iside […]. La luce rappresenta per i kabalisti il principio attivo, e le tenebre sono analoghe al principio passivo; è per questo che essi fecero del sole e della luna i simboli dei due sessi divini e delle due forze creatrici. […] Il vuoto attira il pieno, ed è così che l’abisso di povertà e miseria, il presunto male, il presunto nulla, la rivolta passeggera delle creature, attira eternamente un oceano di esistenza, di ricchezza, di misericordia e amore. Si spiega così il simbolo del Cristo che discende negli inferi dopo aver esaurito tutte le immensità del più ammirevole perdono140.
Non esiste dunque nessun Dio Cattivo, che non si sa come riesce a svincolarsi dalle leggi del Dio Buono per indurci in tentazione”. Non esiste un Dio Cattivo che ci sbarra la strada ed è responsabile al posto nostro del Male che governa il Mondo, ma esiste un Unico Dio, al di là del bene e del male, mentre il Male e il Bene veri dipendono dalle nostre scelte. Accettare una Fede deresponsabilizzante frutto di formulazioni elaborate da altri, perché ci solleva dal gravoso compito di pensare da soli e di prendere decisioni è solo «una stampella per chi desidera la certezza, per chi aspira ad avere una risposta al problema dell’esistenza senza osare di cercarsela da solo141». Coloro che invece vogliono superare la Grande Illusione che domina il Mondo e ottenere la prima Chiave di passo, per risalire lungo le porte planetarie sephirotiche, non devono “pregare”, ma devono “agire ritualmente142” «sacrificando» la loro Passività Spirituale. Il Ventura spiega che l’Azione Magica Rituale e Iniziatica è il canale lungo il quale «si possono cogliere le vie del Cielo»143 e dato che ogni Rito richiede un Sacrificio, «questo sacrificio deve essere di ordine astratto, cioè spirituale144».
Il Ventura ritorna sul discorso anche in un articolo sugli Eggregori in generale e su quello martinista in particolare, dicendo che: «non è possibile in cenni come questi, dare un’esatta spiegazione del comportamento degli Eggregori. Ma, ricordando il detto: “Il modo superiore è mosso da quello inferiore, e questo da quello” (Cfr. “Tavola di smeraldo” e “Tavola di rubino”) si deve tenere presente che qualsiasi energia di qualunque specie o carattere, è generata e vincolata da e ad una frequenza e questa ad una ampiezza». In sintesi, il concetto di fondo è che per andare verso il Bene, bisogna fare il Bene. Qualsiasi energia si muova nell’Universo il Bene entra in risonanza con il Bene, lo attira e lo potenzia. Viceversa il Male si accompagna al Male, perché «avidità e pace si escludono a vicenda145». La nostra Inclinazione Interiore può dunque essere «spostata146», la nostra Consapevolezza può essere modificata e amplificata, se Rectificando la nostra Vita, sacrifichiamo quella che il Ventura chiama la Personalità Tellurica, l’Io Materialistico che ci trattiene ancorati alle illusioni e al bisogno di apparire.
B) LE 12 TAVOLE DI THOT
Le 12 Tavole di Thot compaiono intorno al 1940. Stando alla leggenda che le circonda, si tratterebbe di «dodici tavolette di smeraldo verde, formate da una sostanza creata tramite trasmutazione alchemica. Sono indistruttibili, resistenti a tutti gli elementi e sostanze conosciute. La struttura atomica e cellulare è fissa. Questo significa che non risentono l’usura del tempo, dato che non subiscono processi chimici147».
Ritroviamo anche qui il mito di una genealogia di Sapienti che si chiamavano tutti Ermete. Le Tavole descrivono il capostipite, un sacerdote egizio di nome Thot, e narrano la sua origine e le sue imprese, riallacciandosi a due neo-mitologie sviluppatesi nel XX secolo, quella degli Atlantidei e quella degli Alieni.
Thot era un Re-Sacerdote Atlantideo che conseguì una natura Divina, ma al momento della distruzione del suo continente fuggì in Egitto insieme ad altri suoi simili e qui fondò una colonia. Tutto questo accade 52.000 anni fa, praticamente all’epoca dell’incontro tra l’uomo di Neanderthal e dell’Homo Sapiens. Dall’Egitto, per mandato della “Luce Primordiale”, e attraverso successive reincarnazioni, tra cui quella in Ermete Trismegisto, civilizzò l’Umanità inviando i suoi Sacerdoti a diffondere le sue conoscenze, fino all’altro capo del mondo (probabilmente dai Maya).
Le 12 Tavole contengono qualche accenno alle meraviglie tecnologiche di Atlantide, ma si concentrano soprattutto su tecniche di meditazione riconducibili all’esoterismo e all’occultismo dei primi anni del XX secolo. Il materiale che circola su Internet deriva dal manoscritto The Emerald Tablets of Thot di Claude Doggins, scritto intorno al 1925 e pubblicato in forma ciclostilata a Sedalia, in Colorado, intorno al 1940.
Il libro è firmato Maurice Doreal, alter ego di Claude Doggins, un occultista a capo di una associazione teosofica, la Brotherhood of the White Temple, interessato proprio a tematiche sugli Atlantidei e gli Extraterrestri. Come fu tipico dell’esoterismo dell’epoca, anche Doggins raccontò di essere stato contattato direttamente da non meglio precisato gruppo di “Maestri Invisibili”, allo scopo di aiutare l’Umanità nel suo processo di evoluzione. Le Tavole sono facilmente reperibili on line, tradotte in italiano, ma raramente sono corredate con elementi biografici. I cultori e gli appassionati di Sci Fiction e Film di Fantascienza, leggendole, scopriranno quanti spunti narrativi sono stati tratti da questo testo.
by Arthea (Elena Frasca Odorizzi)
NOTE:
1Il Califfo Al-Ma’mūn (786-833) fondò, a Baghdad, la Casa della Sapienza, un vero e proprio centro di ricerca e insegnamento aperto agli studi dei filosofi e degli scienziati di origine greca e siriaca, che dopo la chiusura della Scuola di Atene, erano stati costretti a cercare rifugio in Oriente, per evitare le persecuzioni Cristiane. MICHELA PEREIRA, Arcana Sapienza. L’Alchimia dalle Origini a Jung, Roma, Carocci, 2001, p. 79.
2La Spagna fu luogo di incontro e scontro tra Cristiani e Musulmani. Per Ugo di Santalla vedi: STEPHEN SKINNER, Astrologia Terrestre, L’Arte della Geomanzia, Roma, Astrolabio, 1984, p. 75. Per altri traduttori, tra cui Philip of Tripoli c.1243, e Plato of Tivoli, 1140 ca, vedi: in http://www.sacred-texts.com/alc/emerald.htm e JOSEPH NEEDHAM, Science e Civilisation in China, Vol, 4, Cambridge, Cambridge University Press, 2000, p.368.
3Si racconta che l’imperatore romano Alessandro Severo tenesse nel suo Larario personale, insieme alle immagini dei suoi Avi e degli altri Imperatori deificati, anche l’effige di Apollonio, insieme a quella di Cristo, Abramo e Orfeo. Vedi: FILOSTRATO, Apollonio di Tiana, Milano, Adelphi, 2002, p. 35, Historia Augusta, Severo Alessandro, 39, 2.
4JACK LINDSAY,Le origini dell’Alchimia nell’Egitto Greco-Romano, Roma, Mediterranee, 1984, pp. 193-194.
5MICHELA PEREIRA, Arcana Sapienza, op. cit. , p. 80.
6Ibidem.
7Vale la pena ricordare gli antichi per contratti, iscrizioni funerarie, votive e religiose utilizzavano soprattutto l’incisione su Legno, Osso, Avorio, Ceramica, Pietra, Roccia o Metallo prezioso. Questi supporti, più duraturi di ogni altro, continuarono a essere usati anche quando vennero introdotti nuovi materiali più pratici, come gli inchiostri, il papiro, le pelli e le tavolette cerate. Rimase a lungo di uso comune scrivere le Leggi Sacre su Lastre di Pietra, come per esempio le Leggi del Codice di Ammurabi, (1792-1750 a.C.) scolpite su una Stele nera di diorite, (una roccia molto resistente), le Tavole di Mosè, le XII Tavole latine, (449 a.C.), il primo codice legislativo scritto dei Romani, ecc.
8Qui si evidenzia anche uno dei temi che diverranno cari agli Alchimisti di tutte le epoche: la regola del Silenzio.
9ERMETE TRISMEGISTO, Kore Kosmou, scritti teologico-filosofici, Vol. II, a cura di Tiziana Villani e Carlo Tondelli, Milano, Mimesis, 2000, p. 94, Libro XIII, 5. Vedi anche JACK LINDSAY,Le origini dell’Alchimia nell’Egitto Greco-Romano, op. cit., p. 170.
10JACK LINDSAY,Le origini dell’Alchimia nell’Egitto Greco-Romano, op. cit., p. 120.
11Il Periodo Ellenistico vide la fine delle Dinastie di Faraoni e l’inizio della Dinastia dei Tolomei, i quali, essendo eredi della politica coloniale di Alessandro Magno, continuarono a introdurre una nuova Classe dirigente quasi esclusivamente greca o completamente ellenizzata. Nacque, perciò, la lingua Copta, una trasposizione in greco della lingua egizia, che portò alla graduale perdita della Lingua e della Scrittura Geroglifica e quindi della Cultura Egizia stessa, fino alla scoperta e alla decifrazione di un’altra “famosa” Stele: la Stele di Rosetta.
12GIAMBLICO, I misteri dell’Egitto, Como, Red Edizioni, 1999, p.11, I, 1 e p. 94, VIII, 4-5.
13Ibidem.
14Gli studiosi ritengono che il Leggendario alchimista Democrito, autore dell’Opera Phisika kai Mystika (sopravvissuta in frammenti) fosse in realtà un certo Bolo di Mende, uno studioso vissuto tra la fine del I secolo a.C. e l’inizio del I secolo d.C. . Bolo-Democrito viene considerato il Padre dell’Alchimia, nel senso che: «Egli deve aver colto insieme le svariate e analoghe tendenze di pensiero e di pratiche riguardanti i processi di trasformazione e ha dato loro un’unità che prima non possedevano». JACK LINDSAY, Le origini dell’Alchimia nell’Egitto Greco-Romano, op. cit., p. 112. È stato cioè il primo ad aver cercato di dare una forma organica all’Alchimia, accogliendo in sé influenze iraniche ed egiziane. È anche il primo a parlare dell’apprendimento della pratica alchemica come una forma di Iniziazione.
15Il famoso aforisma «una natura è deliziata da un’altra natura, una natura conquista un’altra natura, una natura domina un’altra natura.»; «Grande fu la nostra ammirazione per il modo in cui aveva concentrato in poche parole tutta la scrittura ». Ivi, p. 115, (Berthelot e Bidez-Cumont).
16Plutarco (46-127 d.C.) riporta che anche Numa Pompilio, il Re Sacerdote romano (754 a.C. – 673 a.C.), successore del mitico Remo, fece riporre i propri libri sacri in un sarcofago di pietra, da seppellire accanto a quello contenente il suo corpo. Ivi, pp. 119-120.
17Cfr. Il racconto di Maometto che riceve anche lui una Rivelazione in modo indiretto, cioè attraverso un Angelo, un intermediario.
18Cfr. Le Gilde Ereditarie genealogiche di famiglie di Fabbri e Sciamani in MIRCEA ELIADE, Le Arti del Metallo e l’Alchimia, op. cit., p. 90. Da qui si capisce come si siano fatte strada teorie come quelle di Jean Françoise Alliette, (1738-1791) noto ai circoli esoterici con il nome di Etteilla, (pseudonimo derivante dal palindromo del cognome), che ispirandosi all‘Ermetismo Ficiniano e al Pimandro di Ermete Trismegisto, sostenne che «i Tarocchi furono ideati nel 2170 a.C. durante un convegno di maghi egiziani presieduto da Ermete Trismegisto; poi, nel corso dei secoli, le figure dei Tarocchi avrebbero perso le caratteristiche originarie».
19Il vero nome Egiziano di Thot è Dḥwty che si pronuncia all’incirca Djehuty. Thot è la versione grecizzata.
20Vedi Diodoro Siculo, I, 16 in JACK LINDSAY,Le origini dell’Alchimia nell’Egitto Greco-Romano, op. cit., p. 172.
21Ibidem.
22Ivi, p. 178.
23Ivi, p. 178, SINCELLO, 72.
24Paradossalmente, Harran, è ricordata nella Bibbia (cfr. Gn 12,1; 24,4-7), anche come la patria di origine di Abramo, che scelse di partire da questa città, intorno al 1850 a.C., per seguire le profezie del suo Dio, fondando quel Monotiesmo Abramitico, che invece di affiancarsi alle altre Religioni Politeiste, ne avrebbe decretato la fine con l’uso della violenza.
25Soprattutto il Dio mesopotamico Sin, che è una divinità Lunare come il dio egizio Thot.
26Vedi Manuale di Storia della Filosofia Medievale, Cultura Harranica, http://www.unisi.it/ricerca/prog/fil-med-online/temi/htm/harran.htm , JACK LINDSAY, Le origini dell’Alchimia nell’Egitto Greco-Romano, op. cit., p. 182 ; ARISLEO, La turba dei filosofi seguita dal discorso di un anonimo sulla turba, Biblioteca Ermetica , Roma, Mediterranee, 2002, p. 15, Introduzione e Commento di Paolo Lucarelli. Cfr. MICHELA PEREIRA, Arcana Sapienza, op.cit. , pp. 79-80.
27Il danese Oluf Borch, meglio noto come Olaus Borrichius (1626 – 1690) pone la nascita dell’ermetismo prima del diluvio, e cita Tubalcain «qui aliis nationibus Vulcanus est» (riportato in Le origini dell’alchimia di Paolo Lucarelli). Tubalcain era stato citato nella genealogia Ermetica, un secolo prima, in uno scritto dell’alchimista Gerhard Dorn, (1530 – 1584), discepolo di Paracelso, che riporta la tradizione nel modo seguente: «Adamo, il primo che praticò ed inventò le arti e questa (la chimica), per mezzo del lume concessogli da Dio, della cognizione di tutte le cose prima e dopo il peccato, presagì che il mondo sarebbe stato rinnovato per mezzo del-l’acqua, o piuttosto castigato, e poco meno che distrutto. Per questo avvenne che i suoi successori eressero due tavole di pietra sulle quali scolpirono tutte le arti naturali dai loro principii, e in caratteri geroglifici, in modo che questo presagio venisse notato anche dai posteri, e venisse osservata una matura previsione nel tempo dei futuri pericoli. Passato il diluvio Noè trovò una delle tavole in Armenia sotto il monte Araroth, per mezzo della quale si designavano i rapporti del firmamento superiore e del globo inferiore e i corsi dei pianeti (11). Pertanto le nozioni universali, in questo modo dedotte particolarmente in diverse, restano diminuite nelle loro forze, in modo che questa separazione rende questi astronomo e mago, l’altro cabalista, ed il quarto alchimista, il quale vulcanico Abrahm Tubalchain astrologo ed aritmetico massimo le portò dall’Egitto nelle regione di Chanaan)»; (GERARDI DORNEI, Congeries paracelsicae Chemiae de trasmutatione metallorum, in Theat. Chem., 1613, II, 592. Vedi anche Mangeti, II, 444. Gli scritti del Dorn apparvero nel 1567, 68, 69. – riportato in ARTURO REGHINI, Primi contatti tra Ermetismo e Massoneria, «Era Nuova», 1925, n. 4.).
28Già Zosimo di Panopoli aveva provato ad associare Thot con Adamo, ma con finalità esclusivamente Simbolico Operative. Questa proposta potrebbe aver favorito l’inserimento del Trismegisto nelle storie bibliche come contemporaneo di Adamo e Mosè. ZOSIMO DI PANOPOLI, Visioni e Risvegli, op. cit., pp. 8-16 e pp. 132-136.
29ARTURO REGHINI, Primi contatti tra Ermetismo e Massoneria : «Il primo instauratore dell’arte chimica, dopo il suo oblio in seguito al diluvio, fu Ermete Trismegisto, come si legge nei libri memoriali della storia delle antiche gesta, in Imperiale, e nell’esposizione della tavola smaragdina fatta da Claveto… Di quest’uomo (Ermete) si legge nelle scritture (Bibliis), che entrò per il primo nella valle di Ebron, e quivi rinvenne sette tavole di pietra, sulle quali erano scritte dai Sapienti, prima che avvenisse l’inondazione delle acque, le sette arti liberali, ciascheduna soltanto nei suoi principii, perché non cadessero in oblio… A partire dal diluvio Ermete precedette tutti in questa scoperta, per mezzo delle tavole da lui trovate nella valle di Ebron, nel quale luogo Adamo si era posto dopo l’esilio dal Paradiso Eden. Da Ermete pervenne a molti altri per mezzo del libercolo che scrisse: tavola smaragdina» Bernardi Trevisani, (1406-1490), De Secretissimo Philosophorum opere chemico, in Theat. Chem., 1602, 1,774.
30Ivi: «Adamo, il primo che praticò ed inventò le arti e questa (la chimica), per mezzo del lume concessogli da Dio, della cognizione di tutte le cose prima e dopo il peccato, presagì che il mondo sarebbe stato rinnovato per mezzo dell’acqua, o piuttosto castigato, e poco meno che distrutto. Per questo avvenne che i suoi successori eressero due tavole di pietra sulle quali scolpirono tutte le arti naturali dai loro principi, e in caratteri geroglifici, in modo che questo presagio venisse notato anche dai posteri, e venisse osservata una matura previsione nel tempo dei futuri pericoli. Passato il diluvio Noè trovò una delle tavole in Armenia sotto il monte Araroth, per mezzo della quale si designavano i rapporti del firmamento superiore e del globo inferiore e i corsi dei pianeti.». Gerardi Dornei, (1530-1584), Congeries paracelsicae Chemiae de trasmutatione metallorum, in Theat. Chem., 1613, II, 592.
31Michael Maier (1552 – 1622) nel Symbola Aurea Mensae duodecim nationums, (MDCXVII, lib. 1) scrisse che «..egli (Ermete) visse nei tempi prima dei Faraoni, re d’Egitto all’incirca nell’anno del Mondo 1956, cioè 300 anni dopo il diluvio, 2007 prima della nascita di Cristo… Cosicché precedette l ‘uscita di Abramo da Charan, città della Mesopotamia, di circa 44 anni: quest’epoca peraltro coincide con l’età in cui Oceano, Osiride ed Iside, primi Dèi dell’Egitto (seppure favolosi) si suppone abbiano regnato, cioè prima della Dinastia degli Egiziani, con la quale i pastori cominciarono a presiedere al regno, nell’Anno del Mondo 2139».
32ARTURO REGHINI, Primi contatti tra Ermetismo e Massoneria: «Altri preferiscono Ermete Trismegisto come principe della chimica facoltà scritta in alcune tavole di pietra trovate presso la città di Hebron» in Joanni Francisci Pici Mirandulae, (1463-1494),De Auro, in Mangeti, II, 563.
33Ivi: «Alcuni vogliono questa scienza derivata da Enoch, il quale prevedendo il diluvio scrisse sopra delle tabelle le sette scienze liberali (tra cui la chimica), e le lasciò ai posteri. Ermete infatti, entrato nella valle Hebron trovò quelle che oggi si chiamano smaragdine, e di lì apprese la sua sapienza». Vedi Philaletae, (fine XVII secolo), Tractatus de Metallorum Metamorphosi, Cap. II, in Mangeti, II, 679.
34JACK LINDSAY, Le origini dell’Alchimia nell’Egitto Greco-Romano, op. cit., p. 194.
35ARTURO REGHINI, Primi contatti tra Ermetismo e Massoneria: «La tradizione per la quale, secoli dopo il diluvio, questa tavola in un antro vicino ad Hebron fu dalla donna Zara tratta dalle mani del cadavere di Ermete, regge in ogni sua parte, se si intende riferita a Sara, moglie di Abramo”. A questo punto il Kriegsmann, che in altra sua opera si era ingegnato a dimostrare che Ermete non è altro che Chanaan, nipote di Noè, osserva che vi è concordanza di tempo e luogo, giacché Chanaan e Sara sono del medesimo tempo e il luogo, dice il nostro autore, va benone, essendo stata la città di Hebron costruita da Heth, figlio di Chanaan ossia di Ermete, alla quale sede si era fissato Abramo».
36Conosciuta per aver descritto e forse inventato il tribikos, l’alambicco a tre bracci, è citata soprattutto da Zosimo di Panopoli e si pensa che sia realmente esistita una donna alchimista con questo nome, che visse poco dopo Bolo-Democrito. Il Balneum Mariae, la tecnica del bagnomaria, per cui è maggiormente ricordata sembra sia stata citata per la prima volta dall’alchimista Arnaldo da Villanova solo nel XIV secolo. JACK LINDSAY, Le origini dell’Alchimia nell’Egitto Greco-Romano, op. cit., pp. 243-254.
37ALBERTI MAGNI, De Alchemia in Theatrum Chemicum, 1692, Vol. II, pag. 527, citato in ARTURO REGHINI, Primi contatti tra Ermetismo e Massoneria.
38Secondo il Lindsay il nome Galeno, che deriva da Galienus Alfachim, sarebbe in realtà una corruzione di Balinas, cioè Apollonio di Tiana. JACK LINDSAY, Le origini dell’Alchimia nell’Egitto Greco-Romano, op. cit., pp. 193-194.
39Riportò questa teoria nella sua opera, l’Œdipus Ægyptiacus, del 1652-55.
40Illustrazione immaginaria della Tavola di Smeraldo incisa su una montagna in HEINRICH KHUNRATH, Amphiteatrum Sapientiæ Æternæ Solius Veræ, Christiano-Kabalisticum, Diuino-Magicum, nec non Physico-Chymicum, Tertriunum, del 1595, visibile in ALEXANDER ROOB, Il Museo Ermetico,Alchimia & Mistica , op. cit. , p. 9.
41Una traduzione del Testo è stata trovata anche tra le carte di Newton. Vedi, Newton’s Commentary on the Emerald Tablet of Hermes Trismegistus, in Merkel, I. e Debus, A. G. , Hermeticism and the Renaissance. Folger, Washington 1988.
42Il Filo di Arianna, 42 trattati di Alchimia dall’Antichità al XVIII secolo, vol. I, op. cit., p. 25.
43Divinazione, Astrologia, Alchimia, a cura di Georg Luck, Arcana Mundi. Magia e Occulto nel mondo greco romano, Vol II, Fondazione Lorenzo Valla, Rocca San Casciano (FO), Mondadori, 2000, p. 373, nota 129.
1HELMUT GEBELEIN, (Iniziazione all’) Alchimia, Roma, Mediterranee, 2006, pp. 35.
2La Genesi in Provetta è il soggetto di numerosi e suggestivi emblemi, come quelli dell’Utriusque Cosmi di Robert Fludd, del 1617 o dell’Elementa Chemicae di J.C. Barchusen, del 1718 . Vedi ALEXANDER ROOB, Il Museo Ermetico op. cit. , pp. 104-112, e pp. 127-145.
3C. G. JUNG, Ricordi, sogni, riflessioni, a cura di Aniela Jaffé, traduzione di Guido Russo, Milano 2000, p. 245-246.
4PAOLO MAGGI, Come in alto così in basso, in Officinae, Trimestrale internazionale di attualità, storia e cultura esoterica, Anno XXII, Giugno 2010, Numero 2, pp. 44-45.
5HELMUT GEBELEIN, Alchimia, op. cit., pp. 14-15.
7MIRCEA ELIADE, Le Arti del Metallo e l’Alchimia, op. cit. , 2004, pp. 159-164
8Divinazione, Astrologia, Alchimia, op. cit. , p. 373.
9Bernardo Trevisano (1406-1490 ), secoli dopo, utilizza ancora queste parole come prologo alla sua “operetta alchemica”, Il sogno Verde, dicendo: «Veridico e sincero, perché contiene la verità».Il Filo di Arianna, 42 trattati di Alchimia dall’Antichità al XVIII secolo, Vol. I, op. cit., p. 190, Il Sogno Verde.
10Ivi, p. 26, Spiegazione della Tavola di Smeraldo fatta da Hortolanus.
11Divinazione, Astrologia, Alchimia, op. cit. , p. 373.
12MICHELA PEREIRA, Arcana Sapienza, op. cit., p. 83.
13JACK LINDSAY, Le origini dell’Alchimia nell’Egitto Greco-Romano, op. cit., p. 195.
14ERACLITO, I frammenti e le testimonianze, a cura di Carlo Diano e Giuseppe Serra, Oscar Classici Latini e Greci, n° 43, Milano, Arnoldo Mondadori Editore , 2000, frammenti 29, 30 e 31.
15Il Filo di Arianna, 42 trattati di Alchimia dall’Antichità al XVIII secolo, Vol. I, op. cit., p. 2
16 La Via Secca è quella che cuoce la materia nel crogiolo ad alte temperature. Esiste poi anche la Via Media.
17Il Filo di Arianna, 42 trattati di Alchimia dall’Antichità al XVIII secolo, Vol, I, op. cit., pp. 26-27, Spiegazione della Tavola di Smeraldo fatta da Hortolanus.
18MIRCEA ELIADE, Le Arti del Metallo e l’Alchimia, op. cit. , 2004, p. 61.
19ERACLITO, I frammenti e le testimonianze, op. cit., p. 37.
20PLOTINO, Enneadi, V. 8.
21Il manoscritto greco la Crisopoiea di Cleopatra (lett. La fabbricazione dell’Oro) contiene dei trattati di alchimia ed è custodito presso la Biblioteca Nazionale Marciana, a Venezia. È noto come Manoscritto Marciano gr. 299 (XI sec.), f. 188v. . Si trova riprodotto in BERTHELOT, Collection des anciens alchimistes grecs I-III , Paris 1887-88.
22L’immagine può essere vista in PAOLO LUCARELLI, L’Alchimia Greco-Alessandrina, in Abstracta, Curiosità della Cultura e Cultura della Curiosità, Numero 45, Anno 4°, Franco Maria Ricci, Giugno 1990, pp. 14-21. Oppure in ALEXANDER ROOB, Il Museo Ermetico, Alchimia e Mistica , op. cit., p. 422.
23MICHELA PEREIRA, Arcana Sapienza, op. cit., p. 83.
24Cfr. Le Divinità (Mesopotamiche, Orientali, ecc.) che si spostano utilizzando le Nubi, che vengono considerate le loro “cavalcature” naturali. Successivamente e parallelamente diventano Divinità Alate, così come si dice ancora che il Pensiero ha le Ali, per dire che è Elevato, puro, spirituale.
25MICHELA PEREIRA, Arcana Sapienza, op.cit. , p. 83.
26Il primo filosofo, in assoluto, a investigare le Leggi della Natura al di là dei Miti Cosmogonici di matrice esclusivamente genealogico-religiosa, fu Talete di Mileto (624 – 546 a.C.), che immaginò l’esistenza di un Elemento Unico Primordiale alla base di tutta la Materia, e lo identificò con l’Acqua. Eraclito di Efesto, (535 – 480 a.C.), stando a quanto riporta Aristotele,scelse, invece, il Fuoco come Elemento Primordiale dell’Universo. Secondo Leucippo (V secolo a.C.), invece, Eraclito fu il primo filosofo greco a immaginare che il Mondo fosse regolato da una legge ragionevole, una sorta di intelligenza della Natura.
27Venne descritto nella biologia Aristotelica e negli studi anatomici di Erasistrato (330-250 a.C.). Da un punto di vista fisico si riteneva che il Pneuma trasportasse le sensazioni animali e il pensiero dal Cervello al Cuore, percorrendo arterie e nervi. Il pneuma, che nella biologia aristotelica era usato per spiegare i meccanismi della respirazione e del movimento. Erasistrato insieme a Erofilo fondarono la grande scuola medica di Alessandria d’Egitto. Successivamente questa teoria fu ripresa anche da medico Galeno (129 – 216 d. C.).
28PLOTINO, Enneadi, VI, 9, 1.
29ERMETE TRISMEGISTO, Kore Kosmou, op. cit. , p.51, Discorsi di Ermete a Tat, Estratto n° VI.
30ZOSIMO DI PANOPOLI, Visioni e Risvegli, op.cit., p. 126. Giamblico, I misteri dell’Egitto, pp.95-98, VIII, 4-8.
31Ivi, p. 12
32Ibidem.
33Ivi, pp.122-123.
34Nei Colofoni Assiri e Babilonesi troviamo il divieto a rendere nota questa scienza ai non iniziati: «L’iniziato la mostri all’iniziato, il non iniziato non la deve vedere è questo un tabù divino » GIOVANNI PETTINATO, La Scrittura Celeste, la nascita dell’astrologia in Mesopotamia, Milano, Mondadori, 1998, pp. 163 – 64. In Zosimo si legge: « L’arte chiamata divina, cioè la dottrina a cui si dedicano tutti coloro che praticano le manipolazioni e le arti nobili – cioè le quattro arti relative all’oro, all’argento, alla porpora e alle pietre – , quest’arte divina era stata concessa solo ai sacerdoti [egiziani] ». Ivi, p.185 e segg.
35Il processo di decadimento fu accelerato dal piano di Ellenizzazione iniziato con le conquiste di Alessandro Magno e portato avanti dai suoi successori, peggiorando poi in epoca Romana. In Epoca ellenistica con il nome di Caldea si intendeva la regione di Babilonia, finché in epoca romana tutta l’area Mesopotamica prese il nome generico di Caldea e Caldeo divenne sinonimo di Magio (o Mago, dal persiano Magus) o di Astrologo, per indicare coloro che praticavano l’antica Magia Caldaica o Scienza dei Magi, chiamata dai Greci Astrologia. I Magi, in realtà, erano solo una delle Caste Sacerdotali della Mesopotamia del VI secolo a. C. e in specifico erano i Sacerdoti di Zoroastro, un culto Persiano e non Babilonese. GIOVANNI PETTINATO, La Scrittura Celeste, op. cit., p. 32.
36Legge di Simpatia è il nome con cui gli Stoici definivano l’idea che Tutto è collegato e animato. Corrisponde alla Coincidentia Oppositorum degli Alchimisti-Ermetisti e alla Legge delle Corrispondenze della Teurgia.
37In pratica per l’essere umano antico «nulla di ciò che accade avviene per caso; ogni avvenimento trova una precisa collocazione, e […] una relativa prevedibilità, all’interno di una struttura unitaria, che coinvolge tutto il cosmo». Etruschi, una nuova immagine, a cura di Mario Cristofani, Firenze, Giunti, 2000, p.143.
38GIOVANNI PETTINATO, La Scrittura Celeste, op. cit., p. 106. Il Manuale dell’Astrologo caldeo, l’Enuma Anu Elil.
39ERMETE TRISMEGISTO, Corpo Ermetico e Asclepio, a cura di Bianca Maria Tordini Portogalli, Milano, SE, 1997, pp. 134-5, (Asclepio, 24).
40L’idea che i Metalli potessero crescere e mutare nella Terra e che quindi le Miniere, come i Campi, dovessero essere lasciate a riposo, era nata da osservazioni empiriche, impropriamente generalizzate, come il veder crescere di anno in anno i cristalli in una miniera, a causa delle infiltrazione degli strati di roccia delle pareti oppure dal veder scorrere l’acqua su di una lastra di ferro, che lentamente si dissolveva, mentre su di essa crescevano grossi cristalli di rame Prima che si comprendessero i processi chimici di ossido-riduzione alla base di queste trasformazioni, quest’ultimo esperimento era considerato una prova tangibile della possibilità di trasformare i metalli anche da chi si considerava scettico nei confronti dell’alchimia come Giorgio Agricola (1494-1555), il padre della Metallurgia, autore della monumentale opera De Re Metallica Vedi HELMUT GEBELEIN, Alchimia, op. cit. , pp. 41-43
41«Quindi tu [Capricorno] influenzi le arti e lo studio. Di qualunque cosa abbia bisogno il fuoco ai suo scopi, richiedendo nuove fiamme per le sue opere, sotto di te viene stabilito. Per cercare i metalli nascosti e le ricchezze sepolte, per calcinare le vene della terra, per raddoppiare ad arte la materia con mano sicura, tutto ciò che è fabbricato con argento od oro, ciò che in ferro e in bronzo i fabbri ardenti fondono [solvant] e i focolari di Cerere perfezionano, sorge come tuo dono […]. Da ciò anche la mobilità delle cose, e la mente mutevole che spesso ondeggia», Manilio, IV 243 segg.in JACK LINDSAY, Le origini dell’Alchimia nell’Egitto Greco-Romano, op. cit., p.43.
42MIRCEA ELIADE, Arti del Metallo e Alchimia, op. cit. , pp.64-65.
43Picatrix: Ghayat- al-hakim, “Il fine del saggio” dello Pseudo Maslama Al-Magriti, a cura di Paolo Aldo Rossi, Mimesis, Milano, 2000, Libro IV capitolo III.
44Commento al Picatrix di Roberto Taioli in http://www.riflessioni.it/alchimia/picatrix-00.htm.
45GIAMBLICO, I misteri dell’Egitto, op. cit., pp.95-98, VIII, 4-8.
46DIOGENE LAERZIO,IX 8-9 su Eraclito, in ERACLITO, I frammenti e le testimonianze, op. cit. , pp. 62-63
47Pitagora di Samo, (570-497 a.C), identificò l’archetipo informatore delle cose nella successione dei numeri interi. Democrito di Abdera (460-370 a.C.) dedusse invece che esistessero delle minuscole particelle di materia pura, invisibili e indivisibili (in greco a–toma, da cui Atomi) eternamente in movimento in uno spazio infinito e vuoto, che differivano per ordine e posizione e che costituivano tutti gli enti aggregandosi e disaggregandosi continuamente.
48Pian Piano l’azione opposta della Discordia portava il Tutto a una progressiva separazione degli Elementi primi. La durata di questo equilibrio variabile tra le due forze equivaleva all’esistenza del nostro mondo con il suo susseguirsi di morti e rinascite, fino a quando la Disgregazione prendeva il sopravvento e si giungeva al Caos dove regnava la Discordia. A questo punto toccava all’azione dell’Amore di ricreare il nostro mondo ristabilendo l’equilibrio dinamico tra le due Forze Cosmiche, in modo che la forza dell’Aggregazione si imponesse di nuovo e riconducesse Tutto alla condizione iniziale dello “Sfero” e così da capo. Essendo la Vita e la Morte solo una manifestazione del Divenire, anche la teoria Pitagorica della Metempsicosi trova il suo coronamento nella filosofia di Empedocle, così come quella dei cicli cosmici, ripresa poi dagli Stoici.
49«Poiché sappi primieramente che quattro sono le radici d’ogni cosa, Zeus cadente, Era avvivatrice ed Edoneo e Nesti che di sue lagrime distilla il fonte mortale».
50Il termine Elementi viene introdotto da Platone (Timeo) con la parola Stokeion, mentre Empedolce li chiamava Radici, (rizòma), di tutte le cose. La parola greca per elementi, stoicheia, vuol dire lettere dell’alfabeto, cioè gli elementi primi di ogni parola, concetto ripreso da Zosimo per la sua Opera. Il termine al singolare, invece, è stoicheion, che vuol dire principio, inizio, componente minimo. Platone introduce anche un Quinto Elemento, l’Etere.
51 C. G. JUNG, Psicologia e Alchimia, Torino, Boringhieri, 1981, pag. 26.
52«[…] teoria che costituisce le fondamenta della fisica astrologica di Tolomeo e che gli permette di spiegare scientificamente la natura degli influssi astrali..» AUGUSTE BOUCHÉ-LECLERCQ, L’astrologie grecque, Ernest Leroux Editeur, Paris, 1899, pagg. 25,26, citato in ENZO BARILLÀ, I quattro elementi, qualità, temperamenti, Rivista ricerca ’90, n° 68, Ottobre 2006.
53L’Hortolanus, nel suo Commento, è d’accordo: «[…] la nostra Pietra è nata e uscita da una massa confusa contenente in sé tutti e quattro gli elementi […]» Il Filo di Arianna, 42 trattati di Alchimia dall’Antichità al XVIII secolo, op. cit., p. 27.
54JACK LINDSAY, Le origini dell’Alchimia nell’Egitto Greco-Romano, op. cit., p.160.
55In ALEXANDER ROOB, Il Museo Ermetico, op. cit. , p. 29.
56Le teorie dei Quattro Elementi di Empedolce e delle Qualità degli Elementi di Filistione, portarono il Ippocrate di Kos (460 – 377 a.C. ), padre della medicina occidentale, a postulare la sua Teoria degli Umori che si trova nel Corpus Hippocraticum, nel trattato Della Natura dell’Uomo. Secondo Ippocrate il nostro Corpo è governato da quattro diversi umori, che a seconda di come si mescolano portano all’insorgenza di malattie se gli elementi non sono in equilibrio (diacrasis) o ci mantengono in salute se giustamente equilibrati (craisi). La terapia prevede di riportare gli umori in equilibrio da cui l’aforisma ippocratico che Contraria contrariis curantur, i contrari si curano con i contrari. Questo fu il primo tentativo, noto, di cercare una causa, cioè una spiegazione fisica alle malattie (principio di causa -effetto), che ricorda molto da vicino la Teoria Cinese dei 5 Elementi (Vedi NABORU MURAMOTO, Il Medico di Se stesso. Manuale pratico di medicina orientale, Milano, Feltrinelli, 2006, pp. 31 – 45 ). Gli Umori sono:il Sangue che ha sede nel Cuore ed è legato all’elemento Acqua; la Bile gialla che ha sede nel Fegato e corrisponde alla Terra; la Bile nera che si trova nella Milza ed è associata al Fuoco; il Flegma, (o Flemma) che si trova nella Testa e corrisponde all’Aria. Ippocrate riteneva che i Quattro Umori influenzassero anche il carattere stesso delle persone, e identificò quindi Quattro Temperamenti di base, che oggi chiameremmo “tipi psicologici”, (Cfr. C. G. Jung e la sua elaborazione dei “Tipi psicologici” come archetipi dell’universo umano in grado di far emergere gli Elementi simbolici inconsci della psiche collettiva. ). I Quattro Temperamenti sono: il Sanguigno, associato all’eccesso di Sangue, descritto come rubicondo, gioviale, allegro, goloso e dedito ad una sessualità giocosa; il Bilioso (o Collerico), associato a eccesso di Bile gialla, descritto come magro, asciutto, di bel colore, irascibile, permaloso, furbo, generoso e superbo; il Malinconico, associato a eccesso di Bile nera, descritto come magro, debole, pallido, avaro e triste; il Flemmatico (o Linfatico), associato all’eccesso di Flegma, descritto come grasso, lento, pigro e sciocco.
57PLOTINO, Enneadi, IV, 40, in JACK LINDSAY, Le origini dell’Alchimia nell’Egitto Greco-Romano, op. cit. , p. 19.
58Sintesi dei significati di Elementi e Qualità tratta da André Barbault, L’Univers astrologique des quatre éléments, citato nell’articolo di ENZO BARILLÀ, I quattro elementi, Qualità, Temperamenti, op.cit. .
59Il Filo di Arianna, 42 trattati di Alchimia dall’Antichità al XVIII secolo, Vol I, op. cit. p. 84.
60La nomenclatura sistematica delle sostanze chimiche iniziò a diffondersi soltanto alla fine del XVIII secolo. Prima di allora venivano usati nomi di fantasia, che potevano riferirsi anche a più cose contemporaneamente.
61DIOGENE LAERZIO,IX 8-9 , in ERACLITO, I frammenti e le testimonianze, op. cit. , pp. 62-63.
62La struttura dell’Universo, che fu accettata fino al ‘600 deriva anch’essa dalla filosofia greca (vedi Niccolò Copernico e la proposta di un movimento eliocentrica del nostro Sistema Solare). Aristotele, osservando che il Mondo era composto sia da Elementi tendenti verso l’alto (l’aria e il fuoco) che verso il basso (la terra e l’acqua) collocò la Terra, immobile al centro di un sistema di Sfere concentriche (Geocentrismo). Riprendendo poi l’idea del Cosmo di Filolao, divise l’Universo in due parti: la Regione Celeste e la Regione Terrestre, separate dal Cielo della Luna. La Regione Celeste è perfetta e immutabile. In essa gli astri erranti, ( i Pianeti), sono trascinati da sfere e si muovono con orbite circolari aventi lo stesso centro. In ordine progressivo si trovavano: la Luna, Mercurio, Venere, il Sole, Marte, Giove, Saturno, il Cielo delle Stelle Fisse. Oltre questo cielo c’è il Primo Mobile che impartisce il movimento a tutte gli altri corpi, e a sua volta è mosso dalla Causa Prima, per puro desidero intellettivo di conformarsi a essa. Nella Cosmogonia Ermetica, al di sopra dello Zodiaco, ci sono anche i 36 Decani che influenzano ogni cosa si trovi sotto di loro, ma non sono influenzati da niente, perché «non sono trattenuti nella loro corsa, obbligati ad arrestarsi, non incontrano ostacoli che li forzino a retrocedere, inoltre, non sono coperti dalla luce del Sole, mentre tutte queste cose, gli altri astri le subiscono» e quindi sono «liberi, al di sopra di ogni cosa, come dei guardiani scrupolosi e dei sorveglianti dell’Universo, proteggono abbracciandolo quest’Universo nello spazio di un giorno e di una notte, (ERMETE TRISMEGISTO, Kore Kosmou, scritti teologico-filosofici, op. cit., pp. 49-53)».
63MICHELA PEREIRA, Arcana Sapienza, op. cit. , pp. 80-81.
64ERMETE TRISMEGISTO, Kore Kosmou, op. cit., pp. 96-101.
65ZOSIMO DI PANOPOLI, Visioni e Risvegli, op. cit., p.91, Frammento Sull’acqua divina.
66La stesura araba della Turba dei Filosofi, è attribuita a Uthman ibn Suwaid, autore del Libro delle dispute e delle riunioni dei Filosofi, un testo simile alla Turba.
67La Turba dei Filosofi, in RENÉ ALLEAU, Aspetti dell’ Alchimia tradizionale, Roma, Edizioni Atanor, 1989, p. 100.
68A Geber viene anche attribuita la riscoperta del Mercurio e l’Invenzione dell’Acqua Regia, un composto di Acido Nitrico e Acido Muriatico. L’Acqua Regia è una sostanza diversa dall’Acqua Ragia.
69 Cfr. «la maschio-femmina che sempre fugge» con il titolo dell’Opera, l’Atalanta Fugiens.
70MICHAEL MAIER, Atalanta Fugiens, op. cit., pp. 30-33.
71Ivi, pp. 34-37.
72Ibidem. Una Lupa, con il simbolo del Sole in fronte, si ritrova anche, in Goosen van Vreeswyck, De Groene Leeuw, 1674, p.135, in una immagine dove allatta dei lupacchiotti, che portano i simboli dei metalli e dei pianeti, e un bambino con il simbolo del mercurio. JOHANNES FABRICIUS, Alchimia, op. cit., p. 56, img. 87.
73Insieme al sale, al nitrum (carbonato di sodio o potassio), al salnitro, all’allume, alla crisocolla, all’azurite, all’orpimento, al realgar, e allo zolfo, nel Terzo Libro del De natura fossilium, di Giorgio Agricola.
74Nella versione riportata dal Kopp (1869), in Divinazione, Astrologia, Alchimia, op. cit., p. 260, viene usata la parola Virtus invece di Vis. Diverso è anche il posizionamento delle virgole e dei punti, come lo è anche per altre versioni.
75MICHAEL MAIER, Atalanta Fugiens, op. cit., pp. 34 – 37.
76Nonno di Panopoli, ne parla a proposito delle Pietre Focaie, con una allusione alchemica e sessuale insieme: «Come la pietra femminile viene colpita dalla pietra maschile e una pietra sull’altra genera la fiamma allorché colpita, e battuta libera una pioggia di scintille, così il fuoco celeste viene acceso nelle nubi e nelle tenebre schiacciato e battuto, ma dal fumo terreno, sottile per natura, sono prodotti i venti. Un altro vapore fluttuante viene tratto dalle acque che il sole, brillando pienamente su di esse, fa evaporare e attira verso l’alto attraverso correnti ribollenti d’aria; questo si condensa e produce il velo di nuvole» che finisce per ricadere come acqua piovana.
77Il Filo di Arianna, 42 trattati di Alchimia dall’Antichità al XVIII secolo, Vol. I., op. cit., p. 74.
78Ivi, p. 28, Spiegazione della Tavola di Smeraldo fatta da Hortolanus.
79Aristotele diceva che «i misteri (mustéria) sono la teleté che gode del massimo prestigio tra tutte», (Retorica, II).
80Svetonio utilizzò la parola Initiatio, per indicare l’accesso (lat. in ire) ai Misteri Eleusini, e nel tempo anche i greci cominciarono a utilizzata la parola Teletè, con lo stesso significato di Mysteria, cioè «l’intero complesso di cerimonie formato dai misteri eleusini». Le Religioni dei Misteri, Eleusi, Dionisismo, Orfismo, op.cit., pp. XVI – XVII.
81«E queste anime, figlio mio, come se avessero compiuto un’impresa, di colpo s’armarono di una indiscreta audacia e trasgredirono gli ordini; dimenticarono i luoghi e le sezioni ad esse deuptati e non vollero più risiedere in un unico luogo, non smisero di mmuoversi; sembrava loro la morte l’essere costrette ad appartenere ad un unica dimora.» ERMETE TRISMEGISTO, Kore Kosmou, scritti teologico-filosofici, op. cit., p.99.
82In certe versioni del racconto del ritrovamento della Tavola, il simulacro di Ermete viene identificato direttamente con la Statua del Dio, probabilmente perché secondo l’uso Egiziano (ma anche Etrusco) gli Dèi prendevano dimora sulla Terra, per godere dei sacrifici rivolti loro nelle loro Case, cioè nei loro Templi, entrando in apposite Statue/Corpi costruiti per loro. Le Staute erano quindi trattate come veri e propri esseri viventi, proprio in quanto ospitavano le essenze divine. Cfr. Anche il libro di Castaneda, Il Fuoco dal Profondo, quando Don Juan «spicca l’ultimo volo» come un processo volontario di attivazione interiore del fuoco dal profondo insito in ogni essere, capace di condurre ad una specie di “autocombustione”, o volatilizzazione istantanea del corpo, nel quale però lo spirito, le quindi la coscienza, sarebbero in grado di sopravvivere. CARLOS CASTANEDA, Il Fuoco dal Profondo, Milano, BUR Rizzoli, 1985.
83Le Religioni dei Misteri, Eleusi, Dionisismo, Orfismo, op. cit. , pp. XV – XVI, Introduzione.
84JEAN MARQUÉS RIVIÉRE, Amuleti Talismani e Pantacoli, I principi e la scienza dei Talismani nelle tradizioni orientali e occidentali, Roma, Edizioni Mediterranee, 1994, p.11.
85Ivi, p., 11-12. Oggetto magico più perfetto e specializzato del Talismano è il Pantacolo. Il Talismano è considerato un Pantacolo passivo.
86«Il Talismano è un vuoto che riceve le pure influenze degli astri, come l’incavo riceve la cera […] queste influenze si trasferiscono su colui per il quale il talismano è creato». Ivi, p. 12. Etteilla citato da Stanislao di Guaita.
87Le origini dell’Alchimia nell’Egitto Greco-Romano, op. cit., p. 194 Una tradizione gnostica riporta che il Saggio Balinas, aveva deposto in numerose città dei protettori magici, contro i temporali, i serpenti, gli scorpioni, ecc. La stessa tradizione è riportata per Ermete Trismegisto. JEAN MARQUÉS RIVIÉRE, Amuleti Talismani e Pantacoli , op. Cit, p.14.
88La Materia è paragonata a una pietra occulta, seppellita nel profondo di una fontana, coperta di fieno ed escrementi in Nicolas Flamel , Le dèsir dèsirè, in RENÉ ALLEAU, Aspetti dell’Alchimia tradizionale, op. cit., p. 79. L’avvenuta purificazione è invece descritta con l’espressione: «Ercole ha nettato la Stalla piena di lordura, putredine e di nero», sempre in RENÉ ALLEAU, Aspetti dell’ Alchimia tradizionale, p.93.
89La fase di Sublimazione viene indicata sia come Purificazione che come Volatilizzazione della Materia. GINO TESTI, Dizionario di Alchimia e di Chimica Antiquaria. – Paracelso, Roma, Mediterranee, p. 175.
90Dialogo tra il Filosofo Morieno e il Re Calid in RENÉ ALLEAU, Aspetti dell’ Alchimia tradizionale, op. cit., p.88.
91Ivi, p. 89.
92MIRCEA ELIADE, Le Arti del Metallo e l’Alchimia, op. cit. , p. 134.
93Ivi, p. 132 e nota 7 a p.137.
94MIRCEA ELIADE, Lo sciamanesimo e le tecniche dell’estasi, op. cit. p.63.
95Cfr. L’Immagine della Sesta Similitudine nello Splendor Solis. SALOMON TRISMOSIN, Il Toson D’oro o Fio re dei Tesori, con le 22 miniature dello “Splendor Solis”, Roma, Edizioni Mediterranee, 1994, pp.119-121.
97L’alchimista Inb Umail riportato in JACK LINDSAY, Le origini dell’Alchimia nell’Egitto Greco-Romano, op. cit., p. 196 , a proposito della Tavola di Smeraldo.
98Zosimo di Panopoli, citato in in RENÉ ALLEAU, Aspetti dell’Alchimia tradizionale, op. cit., p.96.
99Ibidem.
100Cfr. La Distillazione, la Via Umida, la Stella del Composto e il Cammino per Santiago in FULCANELLI, Il Mistero delle Cattedrali, Edizioni Mediterranee, Roma, Ristampa 2001, p, 58.
101La Turba dei Filosofi, citata in in RENÉ ALLEAU, Aspetti dell’Alchimia tradizionale, op. cit. , pp.96-97.
102ERMETE TRISMEGISTO, Kore Kosmou, scritti teologico-filosofici, op. cit., pp. 49-53.
103Ivi, pp. 102, Estratto XIII, Kore Kosmu.
104Secondo la Fisica Stoica ogni Anima aveva un Eghemonikòn, cioè una parte dominante, che controllava, centralizzava e coordinava le impressioni, elevandole alla coscienza e stabilendo gli impulsi reattivi e le azioni, attraverso gli organi di senso. Questa idea era stata suggerita agli Stoici dagli Anatomisti dell’epoca, che dissezionando cadaveri non sapevano come altro spiegare il Sistema Nervoso. MAX POHLENZ, La Stoa 1 e 2, Firenze, la nuova italia, 1978.
105GIAMBLICO, I Misteri dell’Egitto, op. cit., p, 98, VIII, 8.
106«L’essere implica il mutamento, vale a dire che essere è divenire […] Le strutture viventi, possono essere, soltanto se divengono; possono esistere soltanto se mutano. Trasformazione e crescita sono qualità inerenti al processo vitale.» ERICH FROMM, Avere o Essere, Milano, Mondadori,1986, p. 38.
107I TRE INIZIATI, Il Kybalion, Filosofia Eremtica dell’Antico Egitto e della Grecia, Catania, Brancato, 1991, p. 48.
108ERMETE TRISMEGISTO, Kore Kosmou, scritti teologico-filosofici, op. cit., pp. 110-111; Estratto XIII, Kore Kosmou.
109VILLAVECCHIA-EIGENMANN, Nuovo Dizionario di Merceologia, Vol.1°, Milano, Hoepli, 1977, p. 173.
110MIRCEA ELIADE, Le Arti del Metallo e l’Alchimia, op. cit. , pp. 39-47.
111GEORGE HART, Miti Egizi, Trento, Mondatori, 1994, pp. 21-23.
112Questa versione del mito ha a che fare con il computo del Calendario Lunare. Il Dio Thot giocando a dadi con la Luna aveva vinto 5 giorni da regalare a Nut per farle partorire i figli avuti con Geb, contrastando così l’incantesimo del Dio Amon che non voleva che la Dea partorisse durante l’anno. In questi giorni supplementari, chiamati epagomeni, sarebbero nate 5 Divinità e non 4.
113ELIPHAS LEVI, Storia della Magia, Roma, Mediterranee, 2003, p. 39.
114Questo triplice appellativo si trova in numerose invocazioni a Hermes, ma ci sono anche titoli diversi, come megistos e megistos oppure megistos e megistos megas Hermes. Nei papiri magici ellenistici, si trovano anche Trismegas, Trisemgalos. In testi più tardi viene detto Nove Volte Grandissimo. JACK LINDSAY, Le origini dell’Alchimia nell’Egitto Greco-Romano, op. cit., pp. 176-177.
115Cfr. MIRCEA ELIADE, Le Arti del Metallo e l’Alchimia, op. cit. , pp.52-57.
116Ivi, p. 11. L’Alchimista Johann Daniel Mylius (1583 – 1642) dedica uno dei 160 emblemi del suo libro Opus medicum-chymicum proprio a Eraclito con la dicitura Ingis principium omnium rerum, il fuoco è l’origine di tutte le cose. HELMUT GEBELEIN, Alchimia, op. cit. , p. 21.
117 MIRCEA ELIADE, Le Arti del Metallo e l’Alchimia, op. cit., pp. 69-70.
118«L’Opera del Sole» è anche il titolo di un libro in lingua greca, attribuito a Ermete, ma andato perduto. JACK LINDSAY, Le origini dell’Alchimia nell’Egitto Greco-Romano, op. cit., Ivi, p.182.
119Ivi, p. 187 e nota 52, p. 423. Citato da da MARCELLIN PIERRE EUGÈNE BERTHELOT, Collection des anciens alchimistes grecs, 1887-1888.
120La Distillazione discontinua può essere fatta: 1) a fuoco diretto, se il liquido da portare ad ebollizione è all’interno della caldaia e questa è posta a contatto diretto con la sorgente di calore; 2) a bagnomaria, se la caldaia è immersa in un altro contenitore e il liquido contenuto è riscaldato da acqua che passa nell’intercapedine tra caldaia e contenitore; 3) a vapore, quando il vapore, ottenuto da un bollitore esterno, è fatto passare nell’intercapedine tra la caldaia principale e la caldaia secondaria; 4) sottovuoto, quando l’alambicco è dotato di un impianto situato prima del condensatore, che aspira l’aria e la spinge all’esterno. L’eliminazione dell’aria crea il vuoto e la conseguente eliminazione della pressione consente di raggiungere l’evaporazione delle componenti aromatiche a temperature inferiori.
121Vedi RENÉ ALLEAU, Aspetti dell’ Alchimia tradizionale, op. cit. , pp. 41-48.
122SALOMON TRISMOSIN, Il Toson D’oro o Fiore dei Tesori, con le 22 miniature dello “Splendor Solis”, op. cit., p. 197. In nota sono elencati i manoscritti e le Biblioteche in cui si trovano.
123Ivi, p. 198.
124 Basilio Valentino (XV sec.) ottenne un Acido Solforico più puro distillando il solfato ferroso, detto vetriolo verde.
125Il termine Vetriolo è un sostantivo generico con il quale venivano indicati vari Solfati, per esempio il Vetriolo Verde o Solfato di Ferro dell’Acido Solforico, il Vetriolo Blu o Solfato di Rame, il Vetriolo Rosso o Solfato di Cobalto, e così via. MARCELLO FUMAGALI, Dizionario di alchimia e di chimica farmaceutica antiquaria:dalla ricerca dell’Oro Filosofale all’Arte spagirica di Paracelso, Roma, Mediterranee, 2000, p. 218.
126Per il significato filosofico del V.I.T.R.I.O.L., come allegoria della Ricerca Interiore, vedi la Casella numero 3 del mio Gioco dell’Ouroboros, e la Casella 33 per il concetto di Rettificazione in rapporto al Raddrizzamento della Colonna Vertebrale, che rappresenta l’essere umano finalmente libero da tutti quei pensieri pesanti, che gli fanno piegare la schiena e chinare lo sguardo rendendolo Insicuro e Infelice. ELENA ODORIZZI, Il Gioco dell’Ouroboros. Una rivisitazione alchemica del Gioco dell’Oca , op. cit. pp.21-22 e pp.63-64. Caroline Thuysbaert , in un articolo dal titolo la “Grand Œuvre” , uno studio sulla “Tabula Smaragdina Hermetis”, rende perfettamente l’idea dicendo che «Gli uomini retti sono quelli la cui colonna vertebrale si è raddrizzata a partire dal sacro», alludendo, evidentemente con un doppio senso, tanto all’Osso Sacro, che alle Cose Sacre, cioè Spirituali.
127Villa Ianuam Tranando Recludens Iason Obtinet Locuples Vellus Medae 1680, letteralmente “Oltrepassando la porta di questa villa, lo scopritore Giasone [cioè il pellegrino alchimista] ottiene vello [aureo] di Medea in gran copia 1680”, in SALOMON TRISMOSIN, Il Toson D’oro o Fiore dei Tesori, op. cit. , p. 200.
128La V latina è la nostra U.
129SALOMON TRISMOSIN, Il Toson D’oro o Fiore dei Tesori, op. cit. ,p. 187 e segg.
130Nelle versioni copia e incolla che circolano su Internet ci sono degli errori di trascrizione, ma anche nel testo del libro, c’è uno strano uso di parentesi non necessarie.
131GASTONE VENTURA, Il Mistero del Rito Sacrificale con in Appendice i testi della Tavola di Smeraldo e della misteriosa Tavola di Rubino, Roma, Atanòr, n.d., pp. 65-66.
132GASTONE VENTURA, Il Mistero del Rito Sacrificale, op. cit., p. 62.
133ERMETE TRISMEGISTO, Kore Kosmou, scritti teologico-filosofici, op. cit. , p.115 – Nella Genesi, non a caso, è scritto che «Dio li Creò a sua immagine e somiglianza; li creò maschio e femmina».
134A questo proposito viene da chiedersi perché mai il nostro misterioso Autore abbia sentito la necessità di “completare” la Tavola di Smeraldo, già perfetta in sé, con una seconda Tavola e perché immaginare che fosse di Rubino? Di certo la loro complementarietà non ha niente a che vedere con una possibile corrispondenza Colore/Metallo Prezioso, dato che i due Principi primordiali Acqua e Fuoco corrispondono alla polarità Blu/Zaffiro – Rosso/Rubino, mentre la Tavola di Ermete è e sempre sarà Verde/Smeraldo. Forse l’Autore ha avuto l’idea leggendo «Il Libro della Scala di Maometto», un famoso testo escatologico arabo, la cui prima traduzione in spagnolo risale al 1264. In questo testo, di chiara influenza ermetico-gnostica (che si dice sia stato fonte di ispirazione anche per Dante e la sua Divina Commedia), l’Arcangelo Gabriele guida il Profeta in un miracoloso viaggio notturno durante il quale, salendo in Cielo per mezzo di una mistica Scala, visitano il Paradiso e l’Inferno. Nell’ottavo Paradiso, il più alto di tutti, Maometto riceve il Corano e qui scopre che Dio possiede una Tavola (cioè un libro) che contiene tutta la sua terribile Sapienza. Questa Tavola è metà di Smeraldo e metà di Rubino (Cap. XX,52): «quella tavola era di perla bianchissima, e aveva i bordi di rubino e la parte centrale era fatta di smeraldo». Non solo, all’ingresso di questo Paradiso ci sono due grandissime Colonne (il (Cap. XXXIV, 84) e anche queste sono una di Smeraldo e l’altra di Rubino. Come abbiamo già visto le Colonne sono spesso assimilabili a Libri di Pietra, che permettono di entrare nel Regno della Conoscenza, che qui corrisponde all’Ingresso nel Regno di Dio: «In questo Paradiso vidi anche due grandissime colonne: una di smeraldo e l’altra di rubino. Le loro dimensioni nessuno le conosce tranne Dio. Ma a voi posso dire che dall’una all’altra vi è tanto spazio quanto da oriente a occidente. E quello che si trova in mezzo è tutto di splendore. E queste due colonne stanno all’ingresso del Paradiso di Dio di cui s’è detto».
135GASTONE VENTURA, Il Mistero del Rito Sacrificale, op. cit., p. 62.
136Ivi, p. 7.
137Cfr. l’Abisso sull’Albero della Vita Cabalistico.
138ERICH FROMM, Avere o Essere, op. cit., p. 27 e seguenti.
140Ivi, pp. 39-40.
141ERICH FROMM, Avere o Essere, op. cit., pp. 55-56.
142GASTONE VENTURA, Il Rito Sacrificale, op. cit., p. 7.
143Ivi, op. cit., p. 8.
144Ibidem.
145ERICH FROMM, Avere o Essere, op. cit., p. 17.
146Cfr. Il cambiamento di Consapevolezza, con lo spostamento del punto di unione , nel romanzo di CARLOS CASTANEDA, Il fuoco dal Profondo.
147http://www.mistic.it/menuthoth.htm .