OUROBOROS


CASELLA NUMERO 9 di 63
del Gioco dell’Ouroboros, rivisitazione alchemica del Gioco dell’Oca e Viaggio Iniziatico in simboli. Se sei capitato qui per caso torna alla Pagina Indice per leggere l’introduzione e le regole.

Questa immagine ha l'attributo alt vuoto; il nome del file è gioco_dell_ouroboros_gioco_oca_www.elenafrascaodorizzi.it_piccolo-1024x724.jpg


Casella 9

Immagine: due serpenti che si mordono la coda, uno possiede zampe, ali e corona.

Nome della Casella: «Ouroboros»

Abilità speciale: avanzamento o arretramento.

Il Significato dell’Immagine: nel Gioco dell’Oca ogni 9 caselle si trova un’Oca, che ha il potere di far raddoppiare il tiro. Il risultato di questa disposizione è che con un lancio iniziale di 9 si può arrivare immediatamente alla Vittoria. In questa versione del gioco al posto dell’Oca c’è un Ouroboros, formato da due Serpenti che si rincorrono le code. Questi rappresentano la Materia Prima degli Alchimisti che durante la distillazione passa dallo stato fisso a quello volatile e viceversa. L’immagine è tratta dai disegni dell’Opera Chimica Antichissima (1760) e dal Donum Dei (1735) di Abraham Eleazar:

Nella prima illustrazione del codice di Flamel “sono raffigurati un albero e due serpenti che si divorano l’un l’altro”. Questi simboleggiano il ciclico susseguirsi di distillazione e condensazione. “Il serpente alato” spiega lo pseudo-Eleazar, “rappresenta lo spirito universale del mondo […] che emana dalla rugiada e con cui noi prepariamo il sale nostro. Il serpente posto in basso, invece, simboleggia la materia nostra,[…] la giusta terra vergine, […] che si trova sotto le radici vegetali.” […] “Il serpente in alto [..] è lo spirito del mondo, che a tutto dona la vita, tutto uccide e in sé reca tutte le forme naturali. Insomma è tutto e nulla” Per mezzo della chimica, da una cosa se ne possono ottenere due “che recano in sé il terzo e il quarto. E quando un serpente avrà divorato l’altro, ne risulterà questa figura1.

Il Nome della Casella: l’emblema del serpente è usato in più di una tradizione come simbolo palingenetico (dal greco palin, di nuovo e génesis, nascita), in quanto l‘Ouroboros divora e rigenera se stesso2. Secondo l’alchimista Eleazar la parola Ouroboros vuol dire Re Serpente, perché «in lingua coptica Ouro vuol dire “re”, mentre ob in ebraico vuol dire “serpente”3. ».

Abilità speciale: quando si cade nella Casella dell’Ouroboros dobbiamo ritirare subito per sapere se dobbiamo avanzare o retrocedere. Questa regola è stata pensata collegando la natura “rotolante” dell’Ouroboros, con le proprietà attribuite dai Pitagorici ai numeri. Una cifra dispari è una energia aperta, recettiva, dinamica come quella di un atomo che stabilisce legami per creare molecole. Un numero pari, invece, è una entità stabile e stabilizzata, che rischia di tendere alla stasi e al regresso se rimane chiusa in se stessa invece di aprirsi ed espandersi. Chi si ferma in queste caselle deve tirare nuovamente. Se il numerò sarà pari (stabilità e chiusura) l’Ouroboros rotolerà all’indietro (e noi con lui), se sarà dispari (movimento e apertura) ci muoveremo in avanti di un numero di passi corrispondente al risultato di lancio. Giocando si scoprirà che nella interazione tra le tappe fisse e ineluttabili della Vita e la mobilità imprevedibile dei Dadi del Destino, “Pari e Dispari” non corrispondono a una situazione positiva o negativa in senso assoluto, ma sono solo due diverse opportunità di scelta. Ogni situazione infatti è relativa, perché, in un dato momento un arretramento può rivelarsi una fortuna, mentre un avanzamento può dimostrarsi una pessima mossa o una opportunità sprecata.

Elena Frasca Odorizzi (Arthea)


TORNA ALLA PAGINA INDICE PER LEGGERE IL SIGNIFICATO DELLE 63 CASELLE OPPURE L’INTRODUZIONE SE SEI CAPITATO QUI PER CASO E TE LA SEI PERSA.


NOTE

1ALEXANDER ROOB, Il Museo Ermetico, Alchimia e Mistica , op. cit. , pp. 402 – 403

2Nei culti antichi preistorici e protostorici era associato alla Dea Madre come dispensatrice di vita e di morte. Cfr. MARIJA GIMBUTAS, Il Linguaggio della Dea, Roma, Venexia, 2009.

3ALEXANDER ROOB, Il Museo Ermetico, op. cit. , p.403