IL POZZO DELLE ANIME


CASELLA NUMERO 32 di 63
del Gioco dell’Ouroboros, rivisitazione alchemica del Gioco dell’Oca e Viaggio Iniziatico in simboli. Se sei capitato qui per caso torna alla Pagina Indice per leggere l’introduzione e le regole.

Questa immagine ha l'attributo alt vuoto; il nome del file è gioco_dell_ouroboros_gioco_oca_www.elenafrascaodorizzi.it_piccolo-1024x724.jpg


Casella 32

Immagine: pozzo con appesa in alto una lampada. Sul bordo è appoggiata una fune rossa con un nodo in fondo.

Nome della Casella: «Pozzo»

Abilità Speciale: si tira nuovamente per se stessi e volendo anche per un altro giocatore.

Il Significato dell’Immagine: in questa Casella siamo chiamati a dimostrare, con i fatti, che il nostro cuore è veramente puro. Le immagini del pozzo e della corda sono ispirate a un passo del Terzo Manifesto dei Rosa Croce, quando Rosenkreutz sogna di essere prigioniero in una buia prigione sotterranea e all’improvviso viene calata una corda, che darà la salvezza solo a chi riuscirà ad aggrapparvisi.

Per cogliere questa occasione tutti si accalcano, si calpestano gli uni con gli altri, mentre Rosenkreutz preferisce starsene in disparte:

Appena addormentato, mi sembrò di essere in una torre scura con un’infinità di altre persone, legate con catene, e tutti eravamo senza nessuna luce o chiarore e brulicavamo l’uno sopra l’altro come le formiche, e l’uno rendeva più pesante all’altro la sua miseria. Benché né io né nessuno fra noi vedesse niente, sentivo sempre l’uno alzarsi sopra gli altri nel momento in cui la sua catena o il suo peso diventavano anche soltanto leggermente meno pesanti, senza accorgersi che nessuno aveva molto vantaggio sugli altri, perché eravamo evidentemente tutti insieme poveri e del tutto ignoranti. Dopo essere rimasto insieme con gli altri per un bel po’ di tempo, sentendo ciascuno dare del cieco e dell’impedito all’altro, sentimmo finalmente suonare molte trombe e anche il tamburo di guerra, con tanta arte che ci sentivamo, malgrado tutto, ravvivati in fondo alla spina dorsale e rallegrati. Con questo suono venne tolta inoltre la chiusura della torre, e un po’ di luce arrivò sino a noi. Per la prima volta, potevamo vedere come eravamo in basso e come tutto era una gran confusione: e quello cui sembrava di essersi innalzato, si accorgeva invece di trovarsi tra i piedi degli altri. Ciascuno ora voleva essere il più alto, e così anche io non rimasi indietro e, malgrado le mie pesanti catene, mi spinsi avanti tra gli altri e mi alzai su una pietra che avevo scoperto. Benché parecchie volte fossi investito da altri, difesi la mia posizione il meglio possibile con le mani e i piedi. Eravamo ormai certi che saremmo stati tutti liberati: ma quel che successe fu diverso da quel che ci attendevamo. […] una vecchia donna ordinò ai servitori di lasciar cadere sette volte la corda nella torre, e di tirar su quelli che vi si sarebbero attaccati. Oh! Dio volesse che sapessi descrivere quale agitazione ci prese, perché tutti volevano afferrare la corda, e in tal modo ci ostacolavamo soltanto gli uni con gli altri. […] Ma poiché per molti le catene erano troppo pesanti e le mani troppo deboli, non solo non riuscirono a reggersi ad essa, ma buttarono giù con loro molti che avrebbero potuto forse restarvi afferrati. Sì, parecchi furono anche tirati sù da qualcuno che non riusciva ad arrivarci egli stesso: così, nella nostra grande miseria, ci invidiavamo sempre. Mi spiaceva di più, però, per quelli che avevano un peso tanto pesante che le mani stesse venivano loro strappate dal corpo e non pottevano neanche uscir fuori. Così, dopo cinque volte, furono sollevati pochissimi di noi, perché subito dopo il segno i servitori erano tanto veloci nel tirar su la corda che per la maggior parte capitombolavano l’uno sopra l’altro; e la quinta volta la corda fu tirata su anche senza nessuno attaccato. […] Quando la corda venne giù per la sesta volta, molti si aggrapparono saldamente. Siccome la corda dondolava da un lato all’altro nel tirarla su, arrivò, certo per volontà di Dio, anche a me e io l’afferrai subito, stando sopra tutti gli altri e, contrariamente ad ogni speranza, venni finalmente fuori, cosa che mi diede tanta gioia da non farrni sentire la ferita nella testa, che ricevetti da una pietra appuntita nel tirarmi su, se non dopo aver dovuto aiutare con altri liberati il settimo ed ultimo tiro. […] Quando fu compiuto anche l’ultimo tiro, nel quale si era attaccato alla corda il maggior numero di prigionieri, la donna fece mettere via la corda1 […].

Anche se Rosenkreutz alla fine è felice per essersi salvato, la ferita aperta alla testa e il sangue che sgorga testimoniano il suo dolore per tutti coloro che non ce l’hanno fatta e sono rimasti chiusi nella Prigione. Questo perché non si può essere completamente felici quando gli altri ancora soffrono. Considerando che Rosekreutz, nel suo intimo, avrebbe voluto continuare ad aiutare tutti ho disegnato alla fine della fune rossa il nodo della speranza, conosciuto anche come il Nodo del Pescatore2. Si tratta del nodo del reciproco aiuto e della collaborazione, che serve a unire due corde uguali in modo che si incastrino l’una nell’altra, invece di opporsi l’una contro l’altra.

Abilità speciale: data la particolarità di questa Casella, che possiamo definire come la casa dell’altruismo, è possibile tirare i dadi oltre che per se stessi anche per un altro giocatore, in modo da aiutarlo nel suo percorso con un punteggio aggiuntivo. Si tratta di una grande responsabilità, perché a volte nel desiderio di aiutare qualcuno si rischia invece di recargli ancora più danno. Bisogna ben riflettere se sia effettivamente legittimo «usar la corda pe’ tirar fuori qualcuno da lo suo percorso» o piuttosto non sia meglio semplicemente assisterlo nei suoi sforzi. Cosa peggiore sarebbe comportarsi come i compagni di Rosenkreutz, che per favorire se stessi cercavano volontariamente di ostacolarsi.

Elena Frasca Odorizzi (Arthea)


TORNA ALLA PAGINA INDICE PER LEGGERE IL SIGNIFICATO DELLE 63 CASELLE OPPURE L’INTRODUZIONE SE SEI CAPITATO QUI PER CASO E TE LA SEI PERSA.


NOTE

1Le Nozze Chimiche di Cristhian Rosenkreuz, Roma, Atanòr, s.d., pp. 30-32.

2Cfr. il Re Pescatore del ciclo Arturiano e il Cristo come Pescatore di Anime.